Parovel, dal Carso triestino i vini autoctoni come stile di vita
Quando si fa vino con passione totalizzante, quel vino diventa il sangue che ti scorre nelle vene, in un’identificazione che è vita concreta ma anche metafora dell’esistenza. Come per la famiglia Parovel, per la quale fare vino sembra avere proprio questa essenza vitale, per la completa osmosi con la terra che coltivano e la missione culturale che li anima: la tutela e promozione del territorio carsico che avviluppa le loro attività, con epicentro in San Dorligo della Valle, provincia di Trieste.
Lo dicono loro stessi che “la passione per la terra e i suoi frutti, l’uva e l’oliva, contraddistingue da generazione in generazione la famiglia Parovel”.
Un famiglia-azienda che da sempre è traino ed esempio per tutto il territorio: basti pensare che nel 1976 è stata la prima nella zona “a proporre i suoi vini autoctoni in bottiglia”, mentre “grazie alla passione di papà Zoran per la Malvasia istriana, coltivazione iniziata dal nonno Pietro nel 1898, l’azienda Parovel è uno dei custodi storici delle sue interpretazioni ed espressioni territoriali”. Papà Zoran che vede come indispensabili il lavoro in vigna, la potatura e la cura della campagna.
A chiamarlo papà sono i due figli Elena ed Euro che stanno proseguendo l’attività di famiglia, avviata nel 1898 dal trisavolo Pietro Parovel.
Un’attività che prevede la coltivazione di vigneti “nella zona collinare di Caresana e Bagnoli della Rosandra (terreni arenaceo-marnosi) e nelle valli del Breg e Rio Ospo, zona quaternaria che rappresenta una vera conquista dell’uomo”. I trattamenti in vigna sono minimi, mentre si “privilegia la coltivazione di vitigni di antico lignaggio giuliano – istro carsico, nel rispetto della natura e delle pratiche familiari”.
Importante la nota secondo la quale “i vitigni qui coltivati sono autoctoni perché sviluppatisi in loco grazie ad un lungo processo di ibridazione naturale oppure per mutazione spontanea: il Refosco, la Vitovska e la Malvasia istriana, il Sauvignon e il Moscato Giallo possono anch’essi essere considerati come appartenenti al Friuli Venezia Giulia”.
La prova dei vini è esaltante: tutte le profonde istanze socio-culturali dei produttori si ritrovano nel bicchiere in forma di nettari sinceri, autentici, credibili, appaganti.
Come la Vitovska, “vitigno autoctono dell’area vinicola Carso-Kras” di cui non “esiste traccia in altre regioni del Mediterraneo”: si annuncia con profumi floreali che in bocca divengono meravigliosa sinfonia di frutta a polpa bianca; magnifica la sua acidità come la spiccata aromaticità.
La Malvasia istriana, “di antiche origini elleniche”, si apre come l’aria profumata che si può respirare nel mezzo di un meleto, mentre in bocca si distinguono la Golden e sensazioni di sidro. Perfetta l’acidità quanto l’apporto aromatico.
Il Terrano, appartenente alla famiglia dei Refoschi, “simbolo della viticoltura delle regioni carsiche”, al naso è uno spettacolo di armonia, mentre al palato materializza un carnoso bouquet compatto, speziato, dal tono di liquirizia. Una bella scia di acidità trasporta dolcezza misurata, con screziature di frutti rossi. Il sorso scorre alla stregua di una carezza carsica, vellicando la lingua come un velluto raso.
Il Refosco, “dalle origini antiche”, tanto che “nell’800 erano numerosi i vitigni che andavano sotto il nome Refosco grazie al gran prestigio di cui godeva il vino così denominato”, ha toni vegetali speziati e ficcanti, senza mai scomporre la propria eleganza lieve.
Il Moscato Giallo, di antiche origini siriane, già zuccherino di suo, nella versione passita scatena la densità di composte e di ricca pasticceria invernale, autentico conforto per la gola come per la meditazione.
I vini autoctoni di Parovel sono accomunati dall’egida del toponimo Barde che indica “un’area del paese coltivata a vigneto e oliveto che il nonno Massimiliano ricevette in eredità dal bisnonno Pietro e che fu la prima sede di produzione dell’Azienda Agricola Parovel che esiste e prospera ancora oggi”. A ulteriore dimostrazione del legame inscindibile tra la famiglia e la sua terra.
Sentendo parlare un Parovel, percepisci l’immensa dignità di chi dedica una vita al proprio contesto di sempre, con fierezza e dedizione: un vero baluardo a presidio dei beni agro-culturali di un territorio, ma anche la promozione dell’Italia migliore.
Senza dimenticare che sotto l’aspetto ludico stiamo parlando di produttori capaci di mettere in bottiglia vini di straordinaria godibilità che incantano tutti i degustatori che hanno la fortuna e il privilegio di incrociarli.
Come accaduto durante la degustazione al Barbaresco di Legano (www.barbarescoenopub.it) nell’ambito della quale abbiamo intervistato con la nostra telecamera Elena Parovel.
Info: www.parovel.com