Perché storie eno-gastronomiche
Un sito che racconti le storie avvincenti di chi tramanda la vera cultura enogastronomica italiana: i cuochi della tradizione, i produttori delle tipicità, i vignaioli che coltivano le uve autoctone. Niente letti di verdure, spume di pesce, carne frullata o riduzioni di legumi, ovvero aria fritta modaiola, venduta a caro prezzo per gastro-radical chic annoiati, bensì soltanto emozioni contagiose di chi coltiva la terra, ne produce i tesori e ne cucina i frutti secondo un sapere radicato nei secoli.
Tra la cucina di un cuoco tradizionale e quella di uno chef stellato passa la stessa differenza che intercorre tra l’arte di Michelangelo e quella di Maurizio Cattelan: il primo viene studiato, ammirato e riverito da secoli ed è consegnato all’immortalità, il secondo sbalordisce, fa parlare i media, ma cosa resterà di lui fra centinaia di anni?
Le tradizioni culinarie esistono (anche) da millenni, le chef star al massimo dal alcune decine di anni: occuparsi dei primi vuol dire trattare di storia, mentre i secondi rappresentano al massimo una cronaca recente. Pertanto, scrivere di tradizioni agroalimentari attiene all’alta letteratura, vaneggiare di chef stellati è al massimo giornalismo quotidiano: le ricette ancestrali, come i grandi libri, sono le fondamenta della cultura e sono destinate ad essere ripubblicate e tramandate per sempre, mentre gli arzigogoli degli chef sono condannati a morire con chi li ha inventati per il piacere momentaneo.
In ultimo, un piatto della tradizione è insito nel codice genetico di tutti, senza distinzione di censo e condizione sociale: chiunque può riprodurlo in casa con massima soddisfazione; una creazione dello chef può essere fruita (quasi) esclusivamente nei suoi ristoranti, a cifre accessibili a pochi. La tradizione è democratica, l’innovazione è per una élite.
Questo sito è dalla parte della gente e della sua identità.