Quando anche i cibi poveri regalano una sobria letizia
Alla Giara la brace, da Massimo focaccia di Recco. Per una lira. C’è la crisi? Le vostre donne vi dimezzano il budget pausa pranzo?
Ecco un percorso di sopravvivenza a Milano legato al territorio che conosco, peraltro servito da tre linee di metrò. Non è altro che il surrogato delle vecchie latterie, prima che diventassero boutique come in San Marco. Le trattorie di rione, le prime pizzerie.
Oggi è più complicato, ma intendo cominciare da un erede delle cucine pugliesi Strippoli, un locale di tradizione poi rilevato da una famiglia di italiani di Tunisia, La Giara di viale Monza 10 a Milano. La vera Giara, magnifica, enorme, forse anche fallata, troneggia all’ingresso, a sinistra il banco di specialità, con i formaggi freschi e stagionati, i salumi, le verdure, sul piano di lavorazione le carni. Di fianco il camino con il fuoco perenne.
Andrea Licari l’ha rilevata nel 1977 da due sorelle quando era una posta frequentata da artisti, foto sulle pareti, giornalisti, nottambuli e boss della malavita, come Vallanzasca e Turatello. Anticiparono l’orario di chiusura e la clientela ritornò normale. Andrea e la moglie Margherita Rizzo vengono dalla zona di Cartagine, origini palermitane e di Pantelleria, dove avevano un’azienda agricola che riforniva di carni e primizie Tunisi. Andrea lavorava invece nel miglior ristorante della città. Nel 1964 dovettero lasciare con gli altri stranieri il Paese, perdendo tutto. Campo profughi in Puglia, poi Milano al Motta di Cairoli, allora in gran voga. Qui è un’altra storia, cucina di territorio coerente, spesa sapiente e prezzi onesti.
Con pochi euro potete invece assaggiare la miglior focaccia di Recco di Milano da Massimo Bonini, prestinè in via Battaglia 2 a Milano. Sfoglia leggera e formaggio fresco della vecchia casara Tomasoni, la crema del Piave. Tradizione artigianale, nuove tecnologie, filiera corta. Massimo tiene anche i superbi taleggio e strachitunt del bergamasco Taddei.
Per disperati della notte, fino alle 4 di mattina, piadina kebap di vitello e tacchino con verdure e spezie (nella sfoglia turca soffice e leggera) in Pergolesi 3. Sei euro con bevanda. Menabrea e Figli e Tennant’s, birra seria.
LA CUCINA DELLA GIARA DI MILANO
Arredi belli di una volta, bottiglieria a vista fino al soffitto, le aziende di sempre perché qui la moda è bandita. Le confezioni di pasta dei fornitori (non ci sono segreti) sugli scaffali più bassi, tavolate e panche da osteria curata. Cantina d’esperienza, affidabile, le aziende di sempre: solo vitigni autocotoni, Negramaro, Primitivo e un sorprendente Nero di Troia dall’Alta Murgia.
La Giara è un presidio d’altri tempi, accogliente e onesto. Zuppe di legumi a rotazione, ceci, lenticchie, fagioli, la purea di fave con la cicoria il venerdì, con il verde che ti regalano i campi, le cime di rapa. O rosse con il sugo, estratto di ragù, delle braciole alla barese, la pancia stufata per ore col pomodoro e steccata. Morbida e saporita. Bistecca e braciola di manzo e cavallo, agnello, salsicce di cavallo e agnello. Rara delizia. Un fornitore diverso per ogni taglio, Andrea conosce il mestiere. Tutto sul fuoco, anche la scamorza con il crudo di prosciutto.
I panzerotti fritti. Burrate e stracciatelle, gli stagionati e i dolci della figlia Stefania (un tiramisù leggero e montato da urlo) che si alterna con il marito Stefano, il fuochista, al banco e in cucina. Andrea, la mamma e Stefania preparano anche piatti arabi, siciliani e tunisini (amatriciane e lasagne) per loro e gli habituée, fuori carta. Magnifico e ricco pinzimonio, verdura cotta, spesso pesce (un grande baccalà). Frutta di stagione, torte, pere e cioccolato, il salame dolce, biscotti secchi.
Ottimi vini in bottiglia da pasto, anche sfusi, l’Amaro del Capo calabrese. Si spende dai 15-20 euro, per il pranzo veloce, in su. Con un rapporto qualità prezzo invidiabile. Ospitalità antica di una buona cucina normale. Chiuso martedì sera e mercoledì.
Tratto dal quotidiano Il Giorno del 28 settembre 2013.