Il Raviggiolo, raro antico latticino dell’Appennino tosco romagnolo
E’ un soffio di latte che trasmette una freschezza inebriante, accarezzando il palato con rara delicatezza e stimolando voracità in chi lo gusta: sì, perché è irresistibilmente invogliante il Raviggiolo, antico prodotto caseario dell’Appennino tosco romagnolo, diventato molto raro nella sua versione più pura, quella che ha ottenuto il Presidio Slow Food.
E’ proprio Slow Food a spiegare che viene prodotto con “latte vaccino crudo e caglio, senza rompere la cagliata, ma solo scolando la massa e salandola in superficie”.
La Storia ci dice che esisteva certamente già nel 1515, citato in un documento che ne attestava la caratteristica di essere presentato ricoperto di felci, come accade ancora oggi.
La consacrazione è arrivata invece con Pellegrino Artusi che nel suo fondamentale volume La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene lo indica tra gli ingredienti dei Cappelletti all’uso di Romagna.
Ma i suoi impieghi in cucina sono molteplici, grazie ai suoi profumi suadenti e al sentore tendente al dolce, ma rimane irresistibile a crudo.
A realizzarlo con latte crudo sono alcuni casari delle “vallate forlivesi di Montone, Rabbi, Bidente e Savio (in parte all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna)”, ma “a causa della sua ridotta conservabilità (non più di quattro giorni) si può trovare solo nei mesi compresi fra ottobre e marzo”.
L’area di produzione si trova nella provincia di Forlì-Cesena, mentre i produttori accreditati dal Presidio sono Boschetto di Stefano Cucchi a Premilcuore e Roberto Boscherini di Santa Sofia.
A spiegarcene le caratteristiche è Tiziana Catino nel video qui sotto.
Info: Fondazione Slow Food- Raviggiolo dell’Appenino tosco romagnolo