Ristorante Il Casino del Diavolo, da Francolino la tradizione di Matera
Franco Ritella, detto Francolino, è la figura storica più influente della gastronomia materana, un vero pioniere che ha iniziato a sostenere e divulgare la cucina della città dei Sassi decenni fa, quando della città lucana si parlava ancora soltanto come caso sociologico ed erano ben lontani da venire il riconoscimento dell’Unesco e l’assegnazione del titolo di Capitale Europea della Cultura.
Francolino non si è limitato a presidiare le più antiche ricette nella sua Matera, ma si è speso infaticabilmente per (es)portarla ovunque, facendosi ambasciatore dei sapori materani in giro per l’Italia e nel mondo.
Una vita a predicare i valori sani e imperituri della cucina povera, fatta di pane e verdure, o di quella carne ovina testimonianza della nobile pratica della pastorizia.
Tra il generale scetticismo iniziale, da parte di chi non credeva quasi cinquant’anni fa che potesse funzionare proporre al pubblico i piatti casalinghi della Basilicata, lui ha invece avuto la tigna e il profondo orgoglio di trascinare cibi e ricette in odore di folclore verso le più alte vette dell’antropologia culturale, imbastendo un’ode infinita a quella cucina semplice che davvero rappresenta il meglio dell’Italia, altro che i ridicoli intrugli degli stellati.
Per questo siamo particolarmente orgogliosi dell’intervista che Franco Ritella detto Francolino ci ha rilasciato nel suo locale di Matera, Il Casino del Diavolo: nel video che segue, ci racconta la sua cucina e come è diventato un gigante della nostra cultura gastronomica.
Ogni italiano dotato di una morale dovrebbe obbligatoriamente recarsi almeno una volta a mangiare nel ristorante di Ritella, in via la Martella a Matera.
Non soltanto per conoscere la vera tradizione culinaria materana, ma anche per imparare a fondo cosa sia la dignità del cibo.
Il locale ha una collocazione che oggi appare metaforica, fuori dai Sassi ormai in piena esplosione di turismo di massa, ma appartato anche rispetto al centro della parte moderna della città, come a simboleggiare il suo essere distante dal dilagare di ristoranti che spuntano come i funghi, spesso senza alcun legame con la tipicità, bensì con il solo scopo di accontentare i tanti visitatori attesi nei prossimi mesi.
Il Casino del Diavolo invece si trova “immerso nella natura contornata di alberi di olivo”, in un luogo che appare fuori dal mondo, perché poi in un altro mondo, quello vero delle emozioni, ti ci porta con le sue pietanze.
Se come noi doveste avere la fortuna di essere seguiti direttamente da Francolino, il pasto si eleverà a una delle esperienze più indimenticabili della vostra vita, perché il patron è un vero fiume in piena di ricordi, racconti, argomentazioni, in grado di dare sostanza culturale e godimento aneddotico per ogni piatto che ti porta in tavola.
Appena seduto, il benvenuto è un salame fatto in casa, tosto e sincero come Francolino.
E’ subito tempo di comprendere perché il Pane di Matera sia una leggenda, meritatamente.
Basterebbe assaggiarlo a crudo, nella sua nuda fragranza, ma se ve lo portano abbrustolito, c’è da impazzire: per le sue caratteristiche, il passaggio dal calore rende l’impasto un’esplosione di sentori di grano e di sfumature di consistenze, dalla sublime croccantezza esterna alla soave morbidezza della mollica.
Poi, aggiungete quel goccio d’olio extravergine di oliva di grande qualità e un pizzico di peperoncino: a quel punto, avrete capito perché è una gioia venire al mondo.
Subito dopo, abbandonate ogni laicismo e preparatevi a gridare al miracolo, perché non esiste altro modo di definire la Patata sotto la cenere. Non si può che ricorrere al divino per spiegare come possa una semplice patata, di una pur buona cultivar, a sprigionare uno dei sapori più celestiali della Terra, scatenando una gioia ancestrale a ogni morso.
Sconvolgente: siamo rimasti interminabili minuti a scuotere il capo per l’ammirata incredulità.
Non fa in tempo a passare una golosa scamorzina fusa e ben calda che irrompe un pezzo di storia locale, il pazzesco Ceccio fritto, la pietanza che nasce dal recupero degli avanzi della lievitazione del pane, accompagnata da una dolcissima cipolla caramellata la cui ricetta segreta in tanti hanno tentato di estorcere a Francolino, senza riuscirci.
Primo piatto imperdibile, le Bucce di mandorle con rape, alici, peperoncino e quella mollica fritta evocativamente definita “formaggio dei poveri”: pura delizia contadina, talmente irresistibile da spingerti a divorarla, con quella magnifica soddisfazione che ti dà alla masticazione.
Ora ti vedi arrivare Francolino con lo sguardo acceso d’orgoglio che senza mezzi termini ti dice “questo piatto mi è proprio riuscito bene”, poggiandoti sul tavolo niente meno che il Piatto del Diavolo: è una grande fetta di pane ammollato, sormontata da un esuberante trionfo di tutte le verdure lucane identitarie, come peperoni cruschi, rape e funghi Cardoncelli, un compendio che più rappresentativo non si può di un intero territorio agricolo.
Ma non si può uscire da questo locale senza avere provato una delle più commoventi preparazioni gastronomiche che esistano, un simbolo della Basilicata, la Pignata di pecora: la ricetta prende il nome dal recipiente di terracotta in cui la carne ovina cuoce a lungo, insieme a verdure tipiche, con il geniale accorgimento di usare come coperchio un impasto vivo e aromatico che crea una sorta di cottura a vapore arricchente.
La rimozione del disco di pasta libera un paradiso di sensazioni olfattive senza pari, svelando il fumigante contenuto, con quelle squisitezze vegetali che avviluppano la parte animale…
… mentre la carne di pecora si è trasformata in una leccornia, tenera e saporitissima.
Indimenticabile.
Un piatto che un tempo apparteneva unicamente al mondo bucolico di chi praticava la transumanza: è stato proprio Francolino a portarlo per la prima volta sul tavolo di un ristorante, il suo, quarant’anni fa.
Altre note di merito, per i peperoncini sott’olio preparati in casa, eccezionali per equilibrio e corredo organolettico…
… il gelato al forno servito caldo…
… e i pasticcini di mandorle e cioccolato cotti anch’essi nel forno a pietra.
Se infine volete associare un sorriso alla ghiottoneria, chiedete di provare la Crepa M’gghiera, o almeno fatevene raccontare la storia: è una versione del tipico pane cotto materano in cui quest’ultimo è invece bruschettato. Il nome è ispirato al pettegolezzo locale, in quanto la variante sarebbe stata frutto di una ripicca di un marito contro la moglie che si era rifiutata di cucinare per lui in seguito a una lite: l’uomo avrebbe abbrustolito e condito del pane, quindi a ogni morso avrebbe sibilato un livoroso “schiatta moglie”, ma nel dialetto stretto riportato dalla denominazione del piatto.
Nel video sottostante, abbiamo catturato immagini che riproducono visivamente profumi e sapori catturati dalle pietanze servite in questo tempio del gusto e della civiltà.
Info: http://www.ilcasinodeldiavolo.it/