Ristorante Il Genovese, ragione e sentimento della cucina di Genova
Un pasto al ristorante Il Genovese di via Galata 36r a Genova equivale a frequentare un intero corso di laurea in tradizione enogastronomica ligure. Per la ricerca filologica delle ricette, il recupero archeologico di piatti perduti, la tutela dei beni culturali gastronomici della città, il tutto all’insegna della vivida passione e di un’estrema soddisfazione della golosità.
Il paragone con l’Accademia non è una metafora azzardata, perché il gestore Roberto Panizza ha una preparazione sulla cultura della gastronomia locale da fare invidia davvero a un docente universitario.
Il libro di testo, è il menu del Genovese, scorrendo il quale si srotola innanzi a te la storia della cucina ligure, come se fosse una sintesi antropologica del territorio di appartenenza. Abbiamo chiesto a Roberto Panizza di raccontarcelo.
Già l’ottimo pane che ti accoglie al tavolo annuncia la cura per ogni dettaglio alimentare del locale: al naso trasmette il sentore del forno a legna in cui è cotto, mentre la sapidità della crosta croccante è bilanciata dalla freschezza di campo della mollica, soffice ma tenace e molto profumata.
Pane perfetto da provare con l’olio taggiasco, quello vero, proposto dal locale: scordatevi le versioni commerciali grasse e dolciastre cui siamo stati abituati dai supermercati, perché questo è invece leggermente piccante ed erbaceo.
Magnifica vecchia invenzione, il latte brusco, con il suo sapido esterno croccante che racchiude un cuore di fresca dolcezza. Questa crema fritta salata è un’antica ricetta che veramente rischierebbe l’estinzione, se non ci fosse Il Genovese.
La trippa fritta è una specialità unica: è una sorta di patatina di carne, però meno salata e quindi non stucchevole. E’ un centopelle di austera carnosità che scrocchia sotto i denti, stimolando voracità man mano che lo si mangia: impossibile fermarsi…
Con zimino vengono indicate le tipiche preparazioni liguri che a un ingrediente principale associano verdure del territorio. Il locale propone i ceci in zimino, di ottima e prepotente acidità, con una forte nota aromatica che in questo caso è conferita dalle bietole, creando un brodetto leggermente cremoso in cui si adagiano legumi di altissima qualità.
Le trofiette alle castagne hanno magnifica consistenza e un carattere organolettico originalissimo, impreziosito da un pesto incredibile che brilla di basilico profumatissimo e di preziosi pinoli interi: certamente il migliore provato in città.
Arriviamo a una peculiarità del locale: il recupero della Cabannina, razza bovina autoctona, partito grazie anche alla riscoperta operata proprio da Panizza.
La polpetta di Cabannina alla genovese è di una dolcezza inaudita: stuzzica le gengive con la sua densità di morbida ostinazione, con un sublime retrogusto selvatico, mentre la maggiorana dà un contributo balsamico. La maggiorana rappresenta la spezia che maggiormente caratterizza la cucina genovese.
La carne di Cabannina la proviamo anche in tartare: conferma la sua dolcezza naturale, mentre la natura magra la rende nervosamente solida e resistente. Non è una tartare per chi ha il gusto corrotto dalle raffinatezze debosciate alla francese: questa è carne che sa di carne, proveniente da una bestia di cui si avverte, per fortuna, il sentore, perfino di ciò che ha mangiato. Ciò ne fa una prelibatezza per palati semplici ma allenati alla bontà non artefatta.
La Cabannina ovviamente fa anche latte, poco ma buono, da cui si realizzano alcuni prodotti caseari. Come il sarazzo che sa proprio di latte appena munto, facendoti avvertire il foraggio naturale che alimenta l’animale: farinoso, è gustosissimo. Il sarazzo è una ricotta stagionata, preparazione casearia tipica della Val d’Aveto, in provincia di Genova, la quale storicamente ha privilegiato l’utilizzo proprio del latte di Cabannina.
Sempre in questo locale sono stati fatti i primi test con il pubblico dei formaggi di Cabannina, tutti ottimi, come quello stagionato cinque mesi, dal sapore antico.
E’ tempo di un classico, la torta pasqualina: un piccolo miracolo il suo impasto poetico intriso di squisiti carciofi. Ormai universalmente nota, questa torta salata cotta al forno ha superato il limite stagionale che la voleva tradizionalmente proposta nel periodo della Pasqua, per diventare un classico della cucina locale a cui i genovesi sono legatissimi.
Dolce tipico da provare assolutamente è la Strosciata imperiese, “zona dove l’olio la fa da padrone, sostituendosi al burro in molte preparazioni” spiegano dal locale: “strosciata deriva dal dialettale strosciàa = spezzare/ rompere. Infatti il suo altissimo tenore di olio la rende molto friabile e da sempre viene consumata spezzandola con le dita, piuttosto che tagliandola con il coltello”. Di grande fragranza aromatica, è ottima se accompagnata con un passito o un liquore locale alle erbe.
Come dopo pasto, non essendo in terra di grappe, occorre rivolgersi al liquore Cedrina Bio di Erba Luisa coltivata a Leivi, vicino a Chiavari: torna a far fiorire la freschezza floreale in bocca.
Per i vini, percorso strettamente territoriale.
La Bianchetta Genovese Portofino della cantina Segesta di Sestri Levante trascina sotto il naso sentori lievemente fruttati: con i suoi 13° alcolici si afferma sulla lingua grazie a una ricca acidità, mentre alla vista spicca un bel colore giallo intenso.
Si passa al Rossese di Dolceacqua Poggi dell’Elmo, tipico delle terrazze di Soldano, con il suo delicato velluto di ribes e una buona acidità: cresce di sorso un sorso, sincero e appagante, reggendo un intero pasto di cucina territoriale.
Felici della crescita culturale e dell’appagamento sensoriale conseguiti all’ennesima prova del locale, abbiamo chiesto a Panizza di raccontarci l’impostazione del ristorante e il contesto in cui opera.
Info: www.ilgenovese.com