Ristorante giapponese Oxidiana a Catania, lo strepitoso sushi siciliano
Esiste una via siciliana al sushi, costellata di intelligenza, cultura e raffinatezza: l’ha tracciata il ristorante Oxidiana in via Conte Ruggero 4/A a Catania, lastricando questa via di collegamento con l’arte culinaria nipponica di eccellenti materie prime territoriali, creatività sensata ed elegante, originalità (anche) negli abbinamenti tra cibo e bevande, estrema finezza dell’ambiente, rara cura del cliente.
Non a caso si tratta di una realtà ristorativa pionieristica per il Sud Italia, essendo stato nel 2001 il primo locale da Roma in giù a mutuare il complesso mondo del sushi, inizialmente sotto la guida dell’azienda Kikkoman negli anni in cui essa si è impegnata a fare conoscere la cucina giapponese nel nostro Paese, eleggendo quali ambasciatori i ristoratori più capaci e credibili.
Non sorprende che per l’Italia meridionale la scelta sia caduta sul locale creato e gestito da Barbara Fait, così come non stupisce che in breve tempo la stessa abbia deciso di proseguire in maniera indipendente su un percorso di forte personalità, un’autonomia che oggi lo rende tra le espressioni più singolari del settore in tutta la nazione.
Il solo riferimento al sushi naturalmente non rende giustizia al lavoro esteso, competente e appassionato degli chef Hiro, Daigo e Salvo, i quali portano in tavola un florilegio di tecniche identitarie del Sol Levante difficili da trovare tutte insieme in un solo locale, consentendo agli avventori di compiere un’autentica immersione in sapori, consistenze ed esplorazioni sensoriali che oltre a infondere estremo godimento al palato riescono pure a stimolare l’intelletto, svolgendo perfino un’efficace azione pedagogica.
Lo dimostra il menu, nel quale l’elencazione di piatti è intervallata da inserti istruttivi che spiegano le modalità di preparazione…
… illustrano procedimenti riguardanti la conservazione e la sicurezza alimentare…
… narrano aneddoti insieme a usi e costumi, illustrando aspetti poco noti della civiltà giapponese, assumendo non soltanto il ruolo di guida gastronomica ma anche quello di sintetico documento antropologico, ribadendo l’afflato colto e consapevole della gestione del locale.
L’arredo riflette la classe della gestione, manifestando erudizione di base nella scelta delle opere d’arte esposte e nei giochi prospettici creati dalla disposizione delle sedute, linee geometriche che prevedono la possibilità di pasteggiare al bancone o ai tavoli.
In questa atmosfera il cibo si lega a corsi di cucina e mostre d’arte.
La carta è ricca e funge da bussola per orientarsi in una serie impressionante di proposte che seducono già come ipotesi. Abbiamo deciso così di muoverci lungo le traiettorie più insolite indicate dal menu.
Partendo dalle Melanzane Ankake che evocano il nome di una salsa tipica molto diffusa nella cucina popolare del Giappone anche se è originaria della Cina, in cui la componente dell’amido della fecola di patate e l’effetto dell’addensamento del Dashi, brodo che rappresenta una delle basi culinarie nipponiche, donano un caratteristico retrogusto agrodolce che esalta la golosità degli altri ingredienti, come la componente vegetale di questo piatto che ripropone intatti tutti i propri descrittori, mentre a fianco si adagia una strepitosa leggerissima tempura di carnosi gamberi e soavi capesante, per un piatto che lascia decisamente il segno, anche per l’accattivante idea di servirlo in una mezza melanzana scavata.
Strepitosa la cremosità della Tartara di Capasanta scottata, servita con spuma al sesamo nero e un fantastico pesto di Shiso, quest’ultimo un condimento di natura erbacea che tende a donare toni vegetali digradanti verso sensazioni balsamiche: un capolavoro assoluto.
Composizione riuscita la Tartara di Tonno e tartufo Bianchetto degli Iblei (un plauso per la proposta di questa eccellenza ancora non abbastanza nota), dal prodigioso equilibrio tra sapidità marina e suggestioni ipogee.
Venendo alle tecniche di cucina nipponiche meno consuete dalle nostre parti, da citare il tonno Shabu shabu, in cui la cottura lieve e l’intingolo al sesamo a esso associato puntano a esaltare il gusto umami, insieme a un’intensa piacevole acidità.
Ancora delicatezza nel Tataki di Orata in salsa Ponzu, un sashimi appena scottato che restituisce intatta la texture del pesce e ogni sua sfumatura organolettica.
E’ il momento di affrontare il sushi e la prova è trionfale.
Gunkan e Nigiri sono una collezione di squisitezze in cui la contaminazione con i prodotti locali è più marcata, poiché il pesce è sovente quello dei mari siciliani, in tutte le sue declinazioni di freschezza inarrivabile e qualità eccelsa.
Esemplare il Gunkan ai Ricci con il suo generoso topping che sa proprio di Catania, quindi i Nigiri, con la croccante vongola artica Hokkigai che si esalta nella tenacia alla masticazione, gli ottimi Scampi e il suadente Gambero Rosso, fino alla pazzesca Capasanta scottata che in bocca è un soffio di tenerezza.
Corposi e ghiotti i Fusion Roll, dal riso sempre perfetto per cottura, proposti in una copiosa serie di ricette tutte parecchio attraenti.
Il locale non finisce di stupire con la cucina, ma arriva perfino a sbalordire con i suoi cocktail che già da soli giustificherebbero una corsa all’Oxidiana, grazie alle delizie create da un fuoriclasse della mixology, Francesco Giuffrida, uno che per modestia si definisce semplicemente “barman” ma per il quale non sarebbe sprecato il titolo di top bartender: dai suoi viaggi in giro per il mondo ha portato indietro una conoscenza enciclopedica dei distillati di base (whisky su tutti) e una sana curiosità che lo sta conducendo ad approfondire il variegato mondo del sake.
L’iconica bevanda alcolica giapponese scaturisce dalla fermentazione del riso e quindi si sposa perfettamente con la cucina di Oxidiana, così abbiamo deciso di pasteggiare con le creazioni di Giuffrida a base di sake.
Due i cocktail testati, uno all’opposto dell’altro, a simboleggiare l’eclettismo di chi li ha creati: la Sakepirinha (lime pestato, zucchero di canna grezzo, S. & S. H.M. e sake) è dolcemente ruffiana e proprio per questo irresistibile, con la sua beva scorrevole e il sorso fruttato…
… mentre il Sakura (sake, succo di lime fresco, zucchero liquido, basilico e pepe rosa) è una meraviglia da applausi per la ricercatezza della concezione e la complessità dell’esito, colpendo lo sguardo con la voluta citazione dei colori del ciliegio in fiore e ghermendo i sensi con l’intreccio di istanze cangianti che mutano dal linfatico al piccante, dall’abboccato all’aspro.
Tra i dolci, fortemente consigliato il Gelato allo Zenzero che si lega congruamente al pasto, rinfrescando il palato e al tempo stesso provocandolo con un delizioso carattere ardente.
Oxidiana è un’esperienza ludica e gnoseologica che arricchisce sotto ogni aspetto chi la vive, tanto da aggiungersi prepotentemente alle valide ragioni per raggiungere Catania: per questo siamo grati a chi ce l’ha segnalato e fatto scoprire, il portale Citymap, credibile guida del capoluogo etneo (https://www.citymapsicilia.it/catania/).
Nel video che segue abbiamo raccolto gli appunti visivi della nostra cena nel locale catanese.
Alla responsabile di questo encomiabile progetto, Barbara Fait, abbiamo chiesto di raccontarcene la genesi, la filosofia e la concreta applicazione: ci ha risposto nel video sottostante.
Info: http://www.oxidiana.it/