Ristorante gourmet Semola Fina al Castello di Pergine, raffinatezze culinarie nel Palazzo Baronale
Il meraviglioso Castel Pergine che svetta su Pergine Valsugana in provincia di Trento è una sede di tale prestigio e raffinatezza da chiamare con forza la presenza di una ristorazione di pari eleganza, una chiamata alla quale risponde con perfetta congruenza Semola Fina al Castello, ristorante gourmet allocato nelle storiche Sala dei Falchi e Sala del Giudice al primo piano del Palazzo Baronale del maniero che nel primo anno di attività in tale sede ha già fatto molto parlare di sé e sempre in maniera positiva.
Merito della cucina creativa del giovane chef Manuel Merlo e della strepitosa cura del servizio della fuoriclasse Sofia Omodeo Iuli, tra le migliori in Italia, entrambi reduci da esperienze in rinomati ristoranti in Italia e Francia. Caratteristiche della cucina del locale sono la leggerezza del tocco nel trattare la materia prima vegetale, la capacità di miniaturizzare la portata nelle dimensioni mantenendo l’elevata intensità dei sapori, l’assenza di grassi inutili o fastidiosi, la perfezione delle cotture, l’applicazione di abbinamenti arditi sulla carta e invece mai forzati nel piatto.
A chiarire l’alta qualità del progetto è una sorta di prologo presentato come aperitivo ma in realtà sospeso tra antipasto ed entrée, una serie fissa di quattro portate in guisa di piccolo manifesto della cucina del posto che propone la frutta in solide canditure speziate o gocce cremose (ottima la scelta di impiegare lo yuzu)…
… osando tanto con la pur suggestiva possenza dell’affumicatura della scorzonera che finisce col neutralizzare l’acidità ittica delle uova di trota…
… quindi un ritorno alla concretezza quasi contadina proponendo un piccolo trionfo di ottimo prodotto norcino…
… fino alla prodezza di rendere credibile un’amaricante verdura liquida.
L’arrivo della prima portata scelta dal cliente è suggellata da due capolavori da forno, un fragrante e profumato pane con i semi insieme a una strepitosa focaccia…
… perfetti per accompagnare Lumache, erbe amare e salsa ravigote, piatto coraggioso nel puntare sul gioco tra acidità e amaricante accostato alla terrosità del più sublime gasteropode terrestre, ma il dispositivo funziona e strappa applausi per lo chef.
Stesso stile riconoscibile per i Ravioli all’olio del Garda, rapanelli in agro e acqua di cipolla allo zafferano che raggiungono la perfezione e la gradevolezza seguendo la strada più difficile per sedurre il palato.
Magnifica variazione melodica il Manzo, indivia belga, acciughe e vermouth bianco, grazie a carne trentina di qualità stratosferica valorizzata da una cottura sopraffina, con accanto la stupefacente consistenza della verdura tale da esaltarne le note amare quanto l’impronta balsamica: un must indimenticabile.
Fin qui la carta, ma si può scegliere un menu degustazione deciso dallo chef, dal quale per noi sono scaturiti golosi spaghetti risottati…
… e carne di capriolo al massimo della sua espressione più sanguigna e selvaggia tanto da risultare una prelibatezza atavica.
In mezzo, i passaggi di funghi porcini rispettati nella loro essenza endogena…
… e clamorosi panini fritti al formaggio capaci di scatenare voracità.
Chiusura affidata all’apparente semplicità di un dolce invece di rara personalità capace di rendere ghiotto il fico anche a chi non dovesse amarlo e traducendo la ruta in gelato dal tripudio aromatico.
Interessantissima la carta dei vini, disseminata di autentiche perle da bere, la quale consente la scoperta del fenomenale Barat di Cascina Iuli, commovente bianco piemontese tratto dal rarissimo vitigno Baratuciat autoctono della Val di Susa, il quale incanta per originalità organolettica, complessità ed eclettismo a tavola.
Lo chef convince per la realtà attuale e ancor più per le prospettive future, vista l’età, ottenendo una fiducia che gli consente di avere una cifra peculiare, la quale in certi momenti supera l’ambito della riconoscibilità stilistica per cercare l’assolutezza della firma dell’artista, come avviene quando la medesima nota dolce viene rinvenuta in diversi suoi piatti, oppure con il refrain della presenza a volte quasi ossessiva dei semi di anice, sintomi di innamoramenti del gusto tipici di un vero autore culinario desideroso di affermare la propria sigla.
Per questo andrebbe subito colta questa fase di romanticismo sturm und drang di Manuel Merlo, precipitandosi adesso al Semola Fina del Castello di Pergine in attesa di suoi sviluppi certamente sbalorditivi.
Info: https://www.castelpergine.it/it/ristorante/