Ristorante La Badessa a Torino, ricette dei monaci piemontesi servite in una pinacoteca
Un intero mondo che mette insieme arte figurativa e antropologia culturale, storia e religione, ma anche sublimi materie prime e magnifici sapori, ricette antiche e gusti di esplosiva originalità: è decisamente unico nel pianeta il ristorante La Badessa di piazza Carlo Emanuele II 17 a Torino, esperienza imprescindibile per chiunque attribuisca importanza al cibo e a tutte le sue implicazioni intellettuali e ludiche.
Peculiarità assoluta, l’impostazione di buona parte del menu su remote preparazioni dei monasteri, del Piemonte in particolare, recuperate con paziente lavoro di ricerca e severa applicazione scientifica dalla titolare Rossella Ratclif che così spiega il suo impegno: “gli ordini monastici, le certose e i monasteri sono a centinaia nel nostro Paese, sparsi sulle colline, nei punti più belli d’Italia, spesso arroccati su suggestive alture; i conventi sono isole dove è ancora possibile vivere lontani dai ritmi convulsi della vita di città e dove da generazioni si tramanda il culto di una tavola semplice, legata ai prodotti dell’orto, agli animali allevati in cortile e ai frutti ed erbe che nascono spontanei”.
Per questo al ristorante La Badessa “abbiamo sposato dal 1996 questa idea, la cucina dei monasteri, raccogliendo innumerevoli ricette antiche e recenti, dono e ricerca per interpretare questa cucina unica, perché non venga dimenticata e continui a vivere nei piatti che ogni giorno offriamo ai nostri clienti per stupirli con la semplicità”.
Il nome stesso del locale ha attendibilità storica, poiché deriva da un personaggio realmente vissuto nel secolo scorso, Maria Caterina Operti di Cervasca, della quale in sala è esposto il ritratto: vissuta nell’800, di origine nobile, prima suora e poi appunto badessa, status che abbandonerà per amore diventando vivandiera, fino a trovare occupazione nelle cucine della Corte dei Savoia, dove ascenderà al ruolo di cuciniera personale della Regina Maria Teresa d’Asburgo-Lorena, la quale favorirà il suo ritorno alla vita religiosa, senza però mai abbandonare l’arte culinaria sopraffina che praticava.
Il progetto ha prodotto anche un prezioso volume proprio a firma di Rossella Ratclif, La cucina della Badessa, con 131 “ricette di cucina, raccolte e provate, provenienti da una ricerca durata vent’anni in monasteri e conventi italiani”, purtroppo ormai introvabile.
Anche i piatti proposti dal ristorante “provengono da una paziente ricerca e dalla gentile collaborazione di tanti religiosi che da ogni angolo del Paese ci hanno voluto donare consigli e ricette facenti parte, da sempre, di un’antica genuina tradizione”.
Già il benvenuto è straordinario con una magnifica insalata russa mai mangiata così altrove per compattezza ma anche gradevole austerità degli ingredienti, in cui finalmente non si sente l’invadente acidità della maionese…
… da accompagnare con buonissimi prodotti da forno molto freschi e fragranti.
I primi piatti di ricette monastiche sono una sbalorditiva sequenza di capolavori.
Come gli Agnolotti di brasato con zabaione di pecorino giovane da ricetta del Monastero Santissima Annunziata di Fossano, con l’impasto che incanta alla masticazione e il ripieno capace di fare sognare a ogni morso.
I Topini di patate e farina di castagne in bagna grisa (fonduta di tome) sono invece un’antica ricetta dell’Alta Valle Stura ghiotta da impazzire, con quel suo intingolo infinitamente cremoso.
Standing ovation per i Tagliolini ai soli rossi d’uovo con ragù di anatra all’Armagnac e ginepro provenienti dal Monastero di San Pietro e Paolo di Germagno in provincia di Verbano-Cusio-Ossola: già il formato della pasta, intenso e poroso al tempo stesso, commuove per la sua anima d’altri tempi, ma il condimento arriva perfino a sconvolgere per bontà, con quella cacciagione che opportunamente mantiene il piglio selvatico, immersa in echi speziati inenarrabili.
Pure i secondi dispensano gioia, come la Guancia di vitella della Granda al Barolo con purea di patate allo zafferano, ancora dal Monastero di S. Pietro e Paolo di Germagno, tenera da sciogliersi in bocca, esaltata dalla salsa vinosa.
Imperdibile il Rollè di coniglio nostrano ripieno di olive taggiasche, salsiccia del Roero e tartufo nero che si deve all’Abbazia Santa Fede di Cavagnolo in provincia di Torino, trionfo di complessità sensoriale tra sapidità, retrogusto clorofilliaco e tutto il corredo di prelibatezza del fungo ipogeo.
Ricchissima la lista dei dolci, con in testa la Mousse di zabaione al Passito con i nostri biscotti, con la sua crema soda che esplode di sentori di uova autentiche…
… e delle irresistibili versioni più rustiche delle lingue di gatto.
Si conclude con un goccio dell’ottimo amaro della casa, dalle botaniche amaricanti in grande evidenza e uno stuzzicante afflato balsamico, anch’esso derivante da ricetta di tanto tempo fa.
C’è da perdersi nella carta dei vini, ricchissima di perle regionali non banali, frutto anche in questo caso di lunga e certosina selezione.
Noi abbiamo scelto un favoloso Pelaverga di Verduno della cantina Bel Colle, esplosione fruttata di fragola e susina di Dro, trapuntata di profumi di violetta.
Fenomenale a tutto pasto, fortemente consigliato.
Ad alimentare il fascino del locale, una straordinaria collezione di opere d’arte, soprattutto ritratti del ’600..
… sculture a soggetto religioso…
… e una commovente collezione di ex voto, dipinti naif che rappresentano a volte con tratto quasi fumettistico un miracolo ricevuto, in guisa di testimonianza e ringraziamento.
La Badessa non soltanto vale il viaggio, ma è un bene culturale fondamentale del nostro Paese e ogni italiano avrebbe l’obbligo di viverlo almeno una volta, per comprendere l’immensità del nostro patrimonio culturale in tutte le sue sfaccettature, ma anche per capire come si possa partire da un sentimento spirituale e giungere al piacere corporale passando l’arricchimento della conoscenza.
Info: https://www.labadessa.net/