Ristorante Il Rifugio a Nuoro, tutto l’immenso cuore della cucina sarda
Bisognerebbe consegnare un attestato di frequenza ai clienti del Ristorante Il Rifugio in via A. Mereu 28 a Nuoro, perché qui si imparano così tante cose da elevare il livello di erudizione degli avventori, offrendo loro una delle esperienze culturali più ricche, stimolanti e profonde che si possano vivere in Italia, rappresentando una tappa fondamentale per chi pratica il turismo colto in Sardegna.
Tutto questo senza un briciolo di saccenteria, perché è sincero l’appassionato intento dei gestori di custodire la cultura locale e divulgarla correttamente, non soltanto con il proprio lavoro in cucina ma anche con un pregevole corredo di documenti, oltre l’immensa disponibilità a fornire informazioni da parte delle due anime del locale, Silverio Nanu e il figlio Francesco.
Dimostrazione di questo elevato ed efficace afflato pedagogico è il racconto di una colonna dell’identità locale, su Filindeu, formato di pasta esclusivo del nuorese che evoca con la sua sublime sottigliezza dei fili di Dio di semola di grano duro realizzabili soltanto attraverso una formidabile manualità dalla sapienza ancestrale.
A tenerla in vita nella sua accezione originale è ormai un’unica artigiana, Paola Abraini, protagonista di un rudimentale ma utilissimo libretto che la raffigura al lavoro, per esplicitarne la prodigiosa tecnica.
Oltre alla sua storia remota fatta risalire a tre secoli fa, di questa specialità tutti sottolineano l’estrema rarità, tanto da avere attirato la protettiva attenzione di Slow Food che la definisce “una pasta rituale la cui tecnica di produzione è stata conservata da una donna sola in tutta la Sardegna”…
… il cui segreto risiede in “una consistenza molto morbida” che porta a un’estrema elasticità, fondamentale per potere “formare fili sottilissimi che sono appoggiati in tre strati sovrapposti sopra su fundu, un vassoio di legno (un tempo era fatto di asfodeli)”…
… “una volta composto lo strato di pasta si pone ad asciugare al sole: qui, essiccando, diventa una specie di garza e a questo punto è pronto per essere spezzato in tocchi e immerso nel brodo di pecora caldissimo” (https://www.
E’ proprio in questa forma rigorosamente tradizionale che arrivano qui in tavola i Filindeu nel brodo di pecora e con il pecorino, bontà sconvolgente da provare almeno una volta nella vita, con quel suo richiamo ai pastori e al loro magnifico mondo di profumi e sapori.
E’ il miglior avvio possibile di un percorso gastronomico entusiasmante che prosegue con gli straordinari Culurgiones ogliastrini e il loro ripieno di formaggi che sanno di pascolo, ingolositi da zeste d’arancia, mandorle tostate e guanciale, in grado di dare vita a un contrasto aromatico sublime.
Ancora un capolavoro con De Ferrittu, spessa e carnosa pasta contadina condita con semplicità che muta in ghiottoneria grazie alla Purpuzza, la salsiccia fresca del posto, oltre all’immancabile pecorino sardo, questa volta a scaglie.
Il trionfo di primi piatti continua con i Maccarrones de Poddighe, ancora una pasta robusta, in questo caso intinta in un ottimo sugo di pomodoro con irresistibili polpettine di carne.
Si chiude con sos Gherzos al grano arso, ulteriore impasto consistente che esalta un clamoroso ragù bianco di capretto e fiore sardo, in cui la carne è presente nella forma di succulenti pezzettoni che si esaltano con la masticazione.
Naturalmente tutta la pasta di cui abbiamo parlato è rigorosamente fatta a mano e in casa.
In questo tragitto suggerito alla vostra gola, non mancate di godere di un assaggio di Mustela, la lonza sarda generosa nel dispensare sapidità e sensazioni animali.
Dall’interessantissima carta dei vini piena di referenze locali, abbiamo scelto il Cannonau Lillovè della cantina Gabbas della vicina Oliena (http://www.gabbas.it/Lillov%C3%A8.html), nato quindi Barbagia dove è abitudine aggiungere al vitigno principale anche piccole quantità di altre uve rosse autoctone: al naso manifesta liquirizia e cuoio, mentre in bocca è fruttato e fresco, dalla forte impronta zuccherina, con sentori di frutti di bosco.
Per i dolci, anche lì si rimane nel territorio, con il semifreddo al miele d’arancio e pecorino, accompagnato dall’Abbamele, antichissima preparazione sarda che prevede la riduzione attraverso bollitura di un composto di miele e arance, creando un’esplosione dolcificante.
A tutta questa gioia per il palato, va aggiunta la strepitosa gentilezza del personale, puntuale come pochi al mondo, ma che impressiona con una gentilezza autentica e un vero senso dell’ospitalità.
Sono locali così che rendono grande l’Italia e unica la Sardegna.
Info: http://www.trattoriarifugio.com/