Al Salone del Gusto, la Lombardia dei Presidi Slow Food rappresentata dai formaggi
Si è accreditata come terra di eccellenza casearia la Lombardia al Salone del Gusto che si è celebrato a Torino fino a lunedì scorso.
Tutti i cinque Presidi Slow Food proposti dagli espositori lombardi infatti sono stati dei formaggi, in buona parte vecchie conoscenze del Mercato della Terra di Milano, come il delicatamente acidulo Agrì di Valtorta, il cremoso Stracchino all’antica delle valli orobiche e l’intenso Bagòss di Bagolino.
A questi si è aggiunto il Pannerone di Lodi, oggi sugli scudi per gli amanti del risotto ma che rischiava la scomparsa, se non fosse stato per l’amorevole pervicacia di una famiglia di eroici casari, i Carena, impegnati a non fare perdere questa delizia dalla ricca occhiatura, prodotta con il latte della mungitura pomeridiana, definita “un cacio difficile, antimoderno”, quindi come piace a noi.
Come al solito però la star è stata sua maestà il Bitto Storico, formaggio di lotta e di governo. La lotta è quella del Consorzio di Salvaguardia del Bitto Storico contro l’establishment politico-industriale che ha esteso l’utilizzo della denominazione “bitto” oltre i limiti della tradizione e del buon senso.
I casari duri e puri degli alpeggi di Sondrio, Bergamo e Lecco hanno duramente contestato lo svilimento commerciale di un prodotto che oggi viene realizzato anche a bassa quota e con criteri meramente imprenditoriali, mentre in realtà è sempre stato il simbolo della fatica dei pochi coraggiosi che fanno formaggio in montagna.
Dopo anni di battaglie però l’agguerrito Paolo Ciapparelli, il Che Guevara del Bitto Storico del cui Consorzio è presidente, ci ha confidato che la prossima settimana si celebrerà la pace tra le due anime di questo formaggio, con netta vittoria degli irriducibili montanari.
I quali vincono anche nel mercato dei formaggi, essendo il Bitto il più costoso in assoluto. Ci sono genitori che ne acquistano le forme quando i figli hanno ancora otto anni, gli fanno incidere sopra il nome dei pargoli e li lasciano a stagionare per dieci anni nelle cantine dei casari, per poi regalargliele al compimento della maggiore età.