La sansa: dell’oliva non si butta niente
Sansa, questa parola poco diffusa nel vocabolario quotidiano dell’enogastronomia, è possibile che sia stata letta da qualche attento consumatore su alcune etichette degli oli venduti al supermercato. Ma di cosa si tratta?
Come ci spiega Alessandro Tognoni, proprietario dell’omonimo frantoio di Carrara, la sansa è un sottoprodotto del processo di estrazione dell’olio di oliva. Questa poltiglia, dall’intenso colore ramato, è costituito dai residui della polpa d’olive e dai frammenti dei noccioli, espulsi dal processo di lavorazione tramite centrifuga.
Se si vuole pensare ad una metafora con il mondo animale, l’oliva può essere paragonata al maiale, perché di questo frutto non si butta via niente. E la sansa ne rappresenta un esempio lampante.
Da questo prodotto può essere infatti estratto a sua volta l’olio di sansa, con cui viene a volte tagliato l’olio extra vergine d’oliva. Il minor costo al litro è però sinonimo di qualità inferiore: per estrarre l’olio di sansa è infatti necessario sottoporre gli scarti dell’oliva a dei procedimenti chimici che ne compromettono la genuinità.
Il sottoprodotto può essere utilizzato anche in campo agricolo come fertilizzante oppure impiegato come combustibile per il riscaldamento.