Scicli: (non soltanto) la città di Montalbano sono
Quando un posto è molto famoso o evocato, rischia di scivolare nel luogo comune, oscurando l’essenziale. Scicli ne è la dimostrazione.
Unesco, barocco, Vittorini, per non parlare di Montalbano, si ripetono ossessivamente ogni volta che si voglia parlare di questo centro. Se invece vai in città con vera curiosità e uscendo dai percorsi obbligati della stampa pigra, ti rendi conto che Scicli è (anche) altro, molto altro.
Togliamoci subito di mezzo allora le citazioni d’obbligo.
Il centro storico della città è stato insignito del titolo di Patrimonio dell’Umanità da parte dell’Unesco, ma in condivisione con il Val di Noto. Gli amministratori locali sono ovviamente orgogliosi di ciò, così a ridosso del Municipio hanno collocato una targa che riporta il testo del riconoscimento Unesco ottenuto nel giugno del 2002: “le città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale). Le otto città della Sicilia sud orientale (Caltagirone, Catania, Militello Val di Catania, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli) sono state ricostruite dopo il terremoto del 1693 nello stesso luogo o nelle vicinanze dei siti distrutti. Esse rappresentano un’importante iniziativa collettiva, portata a termine ottenendo un lodevole livello artistico ed architettonico. Completamente conformi allo stile tardo barocco dell’epoca, le città hanno apportato delle interessanti innovazioni nel campo dell’urbanistica e dell’architettura”.
Sul sito del Comune poi si trova parte della motivazione di iscrizione nella World Heritage List dell’Unesco: “la via Mormino Penna, per la ricca presenza di edifici del Settecento, e il palazzo Beneventano rappresentano un capolavoro del genio creativo umano dell’età tardo-barocca. Si può infatti dire che sia questa l’epoca che definisce nel complesso il continuum dell’ambiente urbano della via, in cui anche gli edifici che appartengono all’Ottocento e al Novecento si sono adattati all’immagine prevalente”.
Passiamo a Elio Vittorini, oramai sponsor letterario della città, da quando nel 1969 nel suo Le Città del Mondo ebbe a scrivere: “è la più bella città che abbiamo mai vista. Più di Piazza Armerina. Più di Caltagirone. Più di Ragusa, e più di Nicosia, e più di Enna… Forse è la più bella di tutte le città del mondo. E la gente è contenta nelle città che sono belle”.
Non sappiano se siano contenti tutti gli oltre venticinquemila abitanti di questo centro in provincia di Ragusa, ma effettivamente la sua comunità appare serena.
Veniamo adesso invece allo sponsor televisivo di Scicli, la serie televisiva del Commissario Montalbano. Davvero impressionante lo sciame di teleturisti alla ricerca di reliquie visive della fiction. Li riconosci perché chiedono in continuazione ai locali se sappiano dove abbiano girato una scena e quasi ci rimangono male quando il malcapitato indigeno non sa rispondere a quesiti surreali come “dov’è la piazza dove viene ritrovato il cadavere nella puntata x della serie z, verso la metà dell’episodio?”…
Merito del genio del produttore Carlo Degli Esposti che con la sua Palomar ha ben individuato luoghi oggettivamente splendidi da trasformare in sognanti location.
Il successo stratosferico negli ascolti ha portato i colleghi del TgCom24 a definire senza dubbi Scicli come “la città di Montalbano”, in quanto “dal 1999 Scicli è la principale location della fiction di Rai 1 Il Commissario Montalbano e, dal 2012, de Il Giovane Montalbano. La Vigata cinematografica si snoda tra le vie del centro con assoluta protagonista la Via Francesco Mormino Penna dove la Fiat Tipo del Commissario sfreccia e parcheggia davanti al Palazzo del Municipio, diventato, per l’occasione, il Commissariato di Vigata, anche nei suoi interni”.
“Sempre a Palazzo di Città, la stanza del sindaco è diventata l’ufficio del questore Bonetti-Alderighi. Altre location sciclitane sono la terrazza di Piazza Carmine, la Chiesa e la Cava di San Bartolomeo, Palazzo Iacono diventato, in esterno, il Palazzo della Pretura, Piazza Armando Diaz, il complesso della Madonna del Rosario, Via Duca degli Abruzzi. Nelle borgate, sono stati protagonisti il porto di Donnalucata e il suo lungomare, divenuto il lungomare di Marinella. A Sampieri, presso la Fornace Penna, si trova, invece, la Mannara, zona malfamata di delitti e prostituzione, protagonista assoluta dello splendido episodio L’odore della notte”.
Certo, sarebbe stato bello non liquidare così la Fornace Penna, pregiato esempio di archeologia industriale in contrada Pisciotto a Sampieri, datata inizio ’900. Luogo di fatica per un manipolo di giovani lavoratori del tempo, oggi si staglia solenne sul mare, nel quale riflette la sua decadenza, in attesa di qualche amministratore che decida di essere all’altezza della sua bellezza e agisca per preservarla.
Il mare, altro punto di forza di Scicli, il cui litorale è il più esteso fra i comuni della provincia di Ragusa. Tre le sue borgate marinare: Donnalucata, Cava D’Aliga e Sampieri. Borghi di pescatori rapidamente ma non pienamente riconvertiti al turismo, approfittando del marketing territoriale scatenatosi con il fenomeno Montalbano.
Il caso più clamoroso è l’edificio che ospita nella fiction la casa del commissario: nella realtà è il bed and breakfast chiamato, ça va sans dire, La Casa di Montalbano, il quale si trova a Punta Secca, frazione del vicino comune di Santa Croce Camerina.
Abbiamo visto gente che lo assediava senza sosta fino a mezzanotte, arrivando perfino a commettere impudentemente violazione di domicilio: il piano inferiore è infatti un’abitazione privata, ma il fanatismo delle allegre famigliole montalbaniane non si ferma nemmeno davanti alla legge né all’educazione, così vedi persone entrare nel terrazzo della casa e qualcuno si spinge perfino dentro l’appartamento, invadendo la privacy degli occupanti e offendendo il buon gusto collettivo.
Chiudiamo le note tristi con l’enogastronomia di massa. Contrariamente alla vulgata della stampa distratta, non esiste un solo ristorante in città che davvero coltivi la tradizione culinaria ancestrale.
Alcuni segnalano La Grotta, peccato che oltre il fagiolo cosaruciaru non si trovi altro di veramente identitario: Slow Food lo avrebbe inserito tra i locali tipici, ma se chiedete ai turisti che lo provano – perché lo suggeriscono gli operatori turistici – vi risponderanno che ne ricavano al massimo la sensazione di una normale pizzeria e nulla più. Anche noi ci siamo avvicinati al suo uscio, attirati dalla suggestiva location in una vera grotta: ma una volta letto il menu, non abbiamo trovato proprio nulla di tradizionale per cui valesse la pena entrare, ripiegando su una tipica scaccia.
Finiti i luoghi comuni, andiamo alla sostanza. Il luogo più sconvolgente di Scicli è Chiafura, sito rupestre in cui hanno trovato riparo per secoli gli indigenti della città, misto di bellezza naturale e importante storia degli Ultimi. Alla stessa maniera, interessantissimi sono soprattutto i musei etnoantropologici della città, snobbati dalla massa disattenta ma apprezzatissimi da chi ha cuore e cervello ben collegati.
Del cibo abbiamo parlato in quest’altro articolo: vi anticipiamo che, per provare davvero la cucina territoriale, bisogna uscire dal centro abitato e muoversi come rabdomanti del gusto nel circondario: tra smarrimenti e improvvisa solidarietà, le scoperte sono state entusiasmanti.