Specialmente… a Catania: mangiare per strada
A Catania, i peggiori ristoranti convenzionali, ma la migliore ristorazione diffusa all’aperto
Catania ha la peggiore ristorazione convenzionale di tutte le grandi città italiane.
Sempre Catania però vanta la più grande ristorazione diffusa all’aperto di tutta Italia, una cucina popolare completa che si consuma rigorosamente per strada.
Due primati opposti che fanno del maggiore centro etneo uno stimolante coacervo di contraddizioni e grandi scoperte.
Sconcerta inizialmente il primato negativo della ristorazione di tipo consueto, se si considera che si tratta di uno dei maggiori centri di un’isola in cui la cultura gastronomica ha antica tradizione e grande importanza.
Il drammatico crollo della qualità nei ristoranti catanesi si è registrato negli ultimi vent’anni.
La prima causa, l’incremento del turismo di massa che ha (mal) consigliato a diversi ristoratori di rinunciare alla qualità della proposta, per adottare invece la più consueta tecnica di abbordaggio alimentare del visitatore mordi e fuggi: ovvero piatti della generica cucina italiana che si possono trovare ovunque e che tutti conoscono, rinunciando alle pietanze della tradizione, così da attirare clienti incolti e frettolosi senza dovergli dare troppe spiegazioni sulle portate.
Seconda ragione, l’esplosione di una movida in gran parte priva di sostanza culturale, la quale ha inondato di troppi giovani di bocca buona le vie del centro, spingendo i ristoratori a intercettarli con cucine esotiche, preparazioni fighette, modernismi alimentari d’accatto e beceri piatti da fast food, cancellando decenni di consuetudini alimentari.
La terza ragione, forse quella decisiva, l’affermarsi di un circuito vizioso legato alla mera quantità del cibo: molti ristoranti catanesi hanno cominciato ad attirare clienti esagerando con l’imponenza delle porzioni, puntando a riempire le pance degli avventori invece di pensare ad allietarne il palato. Molto, troppo pubblico purtroppo c’è cascato e così è partita la corsa al ribasso della qualità. In tanti ristoranti si è così affermata la consuetudine di proporre antipasti pantagruelici, con oltre dieci portate, puntando a quantità spropositate senza badare alla qualità dei piatti offerti, quasi sempre banali.
Una banalizzazione che ha portato alla semplificazione delle ricette tradizionali quando non al loro abbandono.
Così ci è potuto capitare già anni fa di ordinare una pasta alla norma in un ristorante in pieno centro, nei pressi di piazza Stesicoro, trovandoci però davanti uno scempio: le melanzane tagliate a tocchetti grossi invece che a fette intere sottili come pretende la ricetta originale.
Ovvero lo stesso errore dozzinale commesso nei mesi scorsi in una pubblicazione curata da un personaggio televisivo, Carlo Cracco, dal quale tuttavia non ci si aspetta sensibilità in materia di cibo tradizionale. Quella che si pretenderebbe invece da un ristorante di Catania che propone un baluardo della cucina catanese.
Vogliamo poi parlare di un’altra ricetta locale come la pasta alla catanese? Oggi la migliore la si può mangiare al ristorante Star Rise: peccato che si trovi a Milano… Infatti il suo gestore è emigrato dalla Barriera di Catania cinquant’anni fa, portandosi dietro la memoria di come si faceva una volta quel piatto, riproponendolo con immenso successo esattamente con la ricetta di un tempo. Quella che oggi si fa molta fatica a trovare in un ristorante convenzionale di Catania, soprattutto se la si pretende a regola d’arte.
Ovviamente non tutto è una delusione.
Abbiamo mangiato bene all’osteria Le Tre Bocche, mentre ci ha affascinato la cucina rustica dell’Antica Trattoria La Paglia, nel cuore della pescheria di Catania, con la cuoca verace che ti cucina a vista anche un piatto a rischio di mistificazione come la pasta con i ricci di mare.
Eppure, a leggere commenti on line o ad ascoltare in privato giudizi dei concorrenti, anche questi locali sono bersagliati da critiche di ogni tipo. Come tutti gli altri, del resto. Perché, come se non bastasse la già difficile situazione, abbiamo riscontrato in città tra gli operatori del settore un alto grado di competitività che sfocia nel parlar male dei concorrenti a tutto spiano, senza rendersi conto che in questo modo si nuoce all’intero comparto.
Accuse di scarsa genuinità, sospetti di magheggi alimentari non consentiti, denigrazione gratuita: non ci è ancora capitato a Catania di sentire un ristoratore parlare bene di un collega, o concorrente che dir si voglia, mentre in tutte le altre città siciliane non abbiamo mai riscontrato questo fenomeno, anzi, semmai abbiamo trovato degli osti che ci consigliavano altri ristoranti senza alcuna invidia.
Un’incapacità di fare sistema che rispecchia quella di troppi altri settori a Catania. A perderci, sono gli stessi ristoratori, ma non se ne rendono conto.
Non va meglio con la ristorazione che vorrebbe essere più di lusso.
Al celeberrimo La Sicilia in Bocca ci è capitato di cenare molto bene con la famiglia una sera e poche settimane dopo invece di rimanere molto delusi a pranzo in compagnia di amici forestieri carichi di aspettative, tutti trattati come turisti di cui liberarsi rapidamente.
A conferma del problematico quadro che stiamo delineando, ecco un dato oggettivo. Ce lo fornisce l’unica guida gastronomica sensata pubblicata in Italia, quella delle Osterie d’Italia edita da Slow Food.
Catania, oltre trecentomila abitanti, ha in guida un solo ristorante.
Per fare un confronto, la non distante Palazzolo Acreide in provincia di Siracusa, con soltanto novemila abitanti, ha ben tre locali segnalati! Un confronto umiliante.
Ancora più grave lo smacco per Catania nel confronto con gli altri capoluoghi di provincia siciliani. Drammatica la sconfitta subita dalla rivale Palermo, la quale ha ben otto trattorie segnalate. Sonora disfatta anche con Trapani che vanta sei locali segnalati. Catania è superata anche da Siracusa, con tre osterie in guida, come da Agrigento e Ragusa, con due. Il capoluogo etneo è così fanalino di coda insieme a Caltanissetta, Enna e Messina.
Il confronto è perdente anche nei confronti di tutte le altre grandi città d’Italia: nessun popoloso capoluogo di provincia ha un numero così esiguo di locali segnalati come Catania.
Allora perché gli appassionati continuano a dire che a Catania si fanno grandi esperienze gastronomiche? Grazie a un fenomeno unico in tutta Italia che vede Catania al primo posto assoluto nella Nazione: l’esistenza in città di una sterminata ristorazione diffusa a cielo aperto, in quantità e qualità eccezionali, introvabili in nessun altro luogo di tutta Italia.
Non stiamo parlando di semplice street food, bensì di un’antica e radicata consuetudine culturale, quella di fare pasti completi di ogni tipo sempre e rigorosamente accomodati per strada.
Parliamo della possibilità di godere di pasti come in un ristorante normale, senza stare in piedi o scomodi, bensì seduti a tavola, sia pure alla buona, ma il tutto rigorosamente lungo una via o una stradina, magari su un marciapiede.
Certo, si può fare alla svelta con un pezzo di tavola calda, ma anche godere di interi menu, di carne o di pesce, di ottima qualità. Colpisce che proprio in questa sacca della ristorazione cittadina resistano i piatti tradizionali che invece stanno sparendo nei locali convenzionali.
I ristoranti di Catania hanno molto da imparare da chi serve pasti per strada: basterebbe osservare la quantità di clienti che li affolla, la qualità delle persone che li vanno cercando, la gioia degli appassionati che li provano uno per uno, per rendersi conto di cosa desideri davvero la gente quando cerca il buon cibo.
I ristoratori convenzionali della città dovrebbero anche osservare come gli organi di comunicazione parlino ormai soltanto di questa forma di ristorazione, quando fanno riferimento a Catania, non di quella ingessata in esercizi ormai anonimi.
Lo Speciale che segue è proprio un viaggio in questa ristorazione stradale diffusa a Catania, sincero baluardo dell’identità di una città che farebbe bene a rinunciare a incongrui fighettismi per concentrarsi invece sul suo cuore pulsante, ovvero i quartieri popolari presidiati dalla gente vera, quella che vuol mangiare ancora autenticamente catanese.
Arrusti e mangia, il vero street food di Catania
Il più caratteristico e frugale modo di mangiare per strada a Catania è il cosiddetto arrusti e mangia, modo per indicare la carne arrostita e consumata al volo, senza orpelli né intrugli.
Un cibo di strada spartano che non conosce declino. Il suo epicentro è via Plebiscito, zona popolare del centro storico, dove si trovano a ogni passo esercizi di ristorazione che tracimano sui marciapiedi con la loro proposta radicalmente per carnivori.
A essere privilegiata, la carne meno consueta, come quella di cavallo e d’asina. La carne è esposta in banchi refrigerati, a vista: il cliente scegli il pezzo che desidera e da lì il gestore lo prende e lo mette a cuocere.
Un tempo questo avveniva sulla brace accesa anch’essa sul marciapiede, ma la mania sanitaria purtroppo ha attecchito anche qui e così i ristoratori sono stati costretti a dotarsi di attrezzature per la cottura a elettricità, più igieniche ma decisamente meno poetiche.
Il fascino di questa proposta è però rimasto intatto, come ci racconta uno dei ristoratori storici della via, Antonino Mirabella, gestore di N’ta Za’ Carmela.
N’ta Za’ Carmela a Catania la carne si mangia per strada
E’ l’esperienza gastronomica più caratteristica che si possa fare a Catania: mangiare per strada la carne arrostita al momento.
Tutto avviene sui marciapiedi: qui la carne è esposta in banchi frigoriferi, mentre a fianco sono disposti tavolini alla buona per consumarla.
Fette di carne di cavallo e di asina, soprattutto, ma anche preparazioni appena più complesse, come spiedini e polpette.
Tra i posti migliori c’è N’ta Za’ Carmela, situata nel cuore di via Plebiscito, dove si concentra la maggior parte di questi esercizi di ristorazione. Gestita dal catanese purosangue Antonino Mirabella, vede ai fornelli la moglie pugliese Carmela Equinozio che offre ai clienti anche alcune specialità della sua regione d’origine.
Si indica ai cuochi la carne che si desidera, quindi, nell’attesa che venga cotta, si può attingere a un buffet di antipasti ricco di tipicità soprattutto vegetali, come le melanzane fritte o grigliate, le olive, o una sfiziosa insalata sormontata da ricotta salata.
La vera delizia è la carne d’asina, in tutte le sue varianti: di una dolcezza irresistibile.
Ma anche la carne di cavallo è superlativa, soprattutto nella versione più semplice, una fettina che consigliamo di fare cuocere al sangue.
I wine lovers dovranno accontentarsi del modesto vino della casa, ma saranno rinfrancati dalle piacevoli quattro chiacchiere con i gestori, veraci come la loro proposta culinaria.
Proposta che ci viene raccontata da Carmela Equinozio.
Etoile D’Or, la migliore rosticceria di Catania, a tutte le ore
Era nato come baretto alla buona sempre aperto, al numero 7 della caratteristica via Dusmet, disponibile per ventiquattro ore consecutive a soddisfare ogni esigenza di cibi o bevande degli avventori. Ciò aveva reso molto popolare il locale al popolo della notte: all’orario dell’uscita dalle discoteche infatti era diventato meta degli affamati e assetati giovani che avevano speso le energie in danze sfrenate. I più tranquilli invece ne facevano il luogo conclusivo del giretto serale, dove gustare sempre un cornetto caldo.
Poi però qualcosa è cambiato e l’Etoile D’Or si è gradualmente trasformato nel tempio dell’eccellenza assoluta della rosticceria catanese, autoctona forma di gastronomia popolare che appartiene all’identità culturale della città.
Da qualche tempo la gestione del locale ha puntato con maggiore convinzione sulla qualità, impresa non facile quando si devono gestire enormi quantità di prodotto, vista l’elevatissima frequentazione del locale, ancora oggi aperto sempre a tutte le ore.
Eppure il miracolo è riuscito e nel giro di pochi anni l’Etoile D’Or è diventato il massimo esponente di questa tipologia caratteristica della gastronomia cittadina.
Qui, senza ombra di dubbio, si mangia il migliore arancino di Catania. E non soltanto perché quel Savia di via Etnea un tempo celebre è ormai da un po’ in drammatico declino.
L’arancino dell’Etoile D’Or è la pietra angolare di come debba essere fatta questa specialità alla maniera catanese. Riso al dente e non colloso come da altre parti. Riso giallo per effetto dello zafferano e non bianco come altrove. Carne a tocchetti grossi tutti da masticare e non capuliata (triturata) come nel resto della città. Sugo denso degno di questo nome e non pallido e insapore come nei baretti dozzinali. Formaggio di eccellente qualità e non di plastica come nelle altre gastronomie. Infine, frittura perfetta, con esterno ben croccante e scuro ma per niente unto, mentre ormai troppo spesso a Catania si trovano arancini giallo pallido che grondano olio esausto, da evitare già a vista.
Impossibile trovare un arancino più buono di questo in tutta Catania.
Le meraviglie però non si fermano qui. Il locale infatti è una vera enciclopedia sfrigolante di tutte, ma proprio tutte le specialità della rosticceria catanese. Un compendio di gastronomia popolare che dovrebbe essere tutelato come un bene della cultura popolare cittadina.
Specialità che andrebbero provate tutte, una per una, ma per farlo occorrono più visite, perché le dimensioni dei vari pezzi sono molto generose. L’ideale è prendere al take away tutte le tipologie di rosticceria proposte dal locale, portarle a casa e invitare degli amici a degustarle, magari dividendole per assaggiarne il più possibile.
Potrete così provare delizie assolute.
Intanto almeno altre quattro tipologie di arancino, tra cui la classica variante con le melanzane e la gettonatissima al pollo.
C’è anche la versione al forno, più delicata ma non meno golosa.
Imperdibili le cipolline, una sfoglia friabile con un cuore traboccante di cipolla cotta e formaggio fuso, con tocco di salsa di pomodoro.
Quindi cartocciate di ogni tipo: un solido impasto farcito in tutte le maniere, per ogni gusto.
Le pizzette sono un altro classico, uniche con quella loro pasta gonfiata dalla rapida lievitazione, sublimi quando presentano gli angoli bruciacchiati su cui fila il formaggio.
Da provare anche paté e bombe, ripieni al prosciutto e formaggio, ma sperate di trovare la rosticceria fritta, dove morbidi involucri nascondono formaggio e acciughe per un’inaudita esplosione di sapore, come nel caso della siciliana.
Se mai vi dovesse rimanere spazio, anche i dolci sono all’altezza.
Trovandoci a Catania, è ovvio che si possa mangiare per strada, seduti sui tavolini che danno sugli Archi della Martina, a ridosso della pescheria, con alle spalle il Duomo.
Ma se volete mangiare in piedi, potete fare un giro del locale e ammirare così una preziosa collezione di antichi pupi siciliani.
Avremmo voluto approfondire di più la filosofia del locale con i suoi gestori, ma non hanno mai risposto alle nostre continue richieste di contatto. Una curiosa caratteristica tutta catanese, questa di negarsi alla stampa specializzata e quindi di sottrarsi al diritto di informazione dei consumatori.
Possiamo però riferire di un colloquio privato di qualche tempo fa in cui uno dei responsabili ci spiegava la cura maniacale nella ricerca delle materie prime, a partire dall’individuazione del formaggio migliore per gli arancini.
Adesso c’è da augurarsi che il progetto d’espansione che sembra sia stato intrapreso dai gestori non vada a inficiare l’eccelsa qualità della sede centrale. Già altri imperi della qualità gastronomica a Catania sono crollati quando ci si è seduti sugli allori, speriamo ciò non accada all’Etoile D’Or: è troppo prezioso come baluardo della gastronomia catanese, teniamocelo caro.
A Scillichenti, il pane cunzato alla catanese
Il pane cunzato (pane condito) è una tradizione diffusa in tutta la Sicilia, inevitabile in una regione da sempre identificata come prezioso granaio e vocata al consumo di prodotti da forno di rustica semplicità. La maggiore concentrazione di questo fenomeno gastronomico si registra nel trapanese, con intensi focolai anche nell’alto messinese.
Nel catanese invece si è consolidata la fama di un unico luogo diventato sinonimo stesso di pane cunzato: Scillichenti, una minuscola frazione marinara del comune di Acireale.
Il curioso e musicale nome del posto deriverebbe dal termine sciddicari, scivolare, ciò che accadeva agli animali da soma che si avventuravano sulle rocce laviche che caratterizzano il posto.
Non è nota la ragione da cui sia nato tutto, ma sono decenni ormai che questo nugolo di casette lungo la strada che congiunge Acireale con Riposto è oggetto di intenso pellegrinaggio di persone che vengono con un unico scopo: mangiare il pane cunzato, come se non ne esistesse altra produzione in tutta la provincia di Catania.
Ciò ha fatto la fortuna di una manciata di panifici e locali che si sono specializzati nella preparazione di questa specialità.
Caratteristica specifica del pane cunzato di Scillichenti è il suo essere servito rigorosamente caldo, perché il pane viene nuovamente infornato dopo essere stato farcito, per fare sciogliere il formaggio al suo interno. Il resto del condimento varia secondo i gusti, ma la versione base prevede soltanto pomodoro, acciughe e olive nere, sui cui fonde preferibilmente tuma fresca.
Questo tipo di preparazione lo rende più goloso delle altre tipologie sparse per l’isola, ma obbliga a consumarlo sul posto. Così è tradizione invadere la piazzetta su cui si affaccia una chiesa dedicata alla Madonna di Pompei, per celebrare il rito del bivacco, ampiamente tollerato dai residenti.
La forma di pane utilizzata a Scillichenti è u cucciddatu, sorta di ciambella col buco, la quale viene divisa in quarti. E’ tale la ricchezza di impasto e condimento che un solo quarto sazia ampiamente. Così, in due persone, si mangia e si beve a sazietà con soltanto cinque Euro di spesa, ma con il massimo appagamento.
Serve aggiungere altro per spiegare la meritata fortuna di Scillichenti?
Sì, soltanto un consiglio. La qualità non è uguale in tutti i panifici del borgo. Il migliore pane cunzato lo fa la panetteria Grasso.
I Cutilisci a Catania, pizza intellettuale in un borgo marinaro
Alla sua apertura qualche anno fa rappresentò un caso: fu la prima pizzeria a Catania con un pensiero alto dietro, parlando in tempi non sospetti di chilometro zero, rispetto della terra e promozione dell’agricoltura locale, nonché proponendo impasti strani per i clienti abitudinari delle comuni pizzerie catanesi.
Oggi i Cutilisci non ha più la pretesa, legittima, di fare la rivoluzione culturale gastronomica in città, ma a Catania rimane il massimo esempio di pizzeria intellettuale che riesce come nessun’altra ad appagare anche il palato.
Il successo di pubblico è così spaventoso da fare dubitare che tutta quella folla di clienti sia composta da consumatori consapevoli. La location è infatti in grado di attirare chiunque, trattandosi dello scorcio meraviglioso di San Giovanni Licuti, micro-borgo marinaro in pieno contesto urbano, con tanto di discesa a mare.
Inoltre a Catania funziona molto l’effetto emulativo, per cui se si vede folla da qualche parte, in tanti decideranno di accodarsi, per un’innata tendenza genetica alla movida.
Rimane il fatto che, consapevoli o meno, tutti i clienti dei Cutilisci si ritrovano nel piatto pizze straordinarie. A partire dagli impasti, punto forte della casa. Qui è da sempre continua la ricerca di farine, privilegiando quelle integrali e da grani antichi. Ruotano così l’autoctona Timilia e il recuperato Senatore Cappelli, quindi spazio ai cereali e soprattutto alle farine lavorate a pietra.
Altrettanto eccellente la ricerca delle materie prime da mettere sopra l’impasto, dai formaggi artigianali regionali alle verdure territoriali di stagione.
Il risultato sono pizze squisite e la voglia di tornare più volte per provarne quante più possibile.
Nota di merito per la ricerca delle birre artigianali, per le quali vengono applicati gli stessi criteri di territorialità degli altri prodotti.
Abbiamo provato l’ottima Birra Moro Fior di Sicilia, realizzata proprio a Catania dal Birrificio del Faro.
Interessanti anche le proposte del menu del ristorante: pure in questo caso il locale sfugge alle regole canoniche dei pasti ingessati, affiancando a primi e secondi altre sfiziosità e ricche insalate.
Ai Cutilisci non si sfugge alla regola tutta catanese del mangiare per strada: l’interno del locale è molto piccolo, quindi anche in inverno i clienti invadono la piazzetta antistante il locale, a ridosso del mare.
Un locale così unico non poteva trovare più degna collocazione.
Info: www.cutilisci.it
A Ognina (Catania), dal pesce al dolce, ristorazione diffusa per strada
Ognina è uno dei quartieri più affascinanti di Catania, ma in pochi se ne accorgono, ammorbato com’è dal traffico, a causa di un’uscita della circonvallazione che vomita in continuazione automobili proprio in uno dei suoi angoli più suggestivi, un porticciolo turistico sovrastato da un lungomare poco curato ma potenzialmente bellissimo.
Un vero spreco di bellezza, dato che chi passa non viene incoraggiato a fermarsi e a vivere il quartiere, in cui si trova un piccolo ma delizioso Museo del Mare e interessanti beni culturali e storici.
A non farsi scoraggiare sono invece i veri intenditori o i semplici appassionati di gastronomia popolare che sanno della presenza nel quartiere di un fenomeno davvero caratteristico, una sorta di ristorazione di strada diffusa, collocata nel cuore marinaro di Ognina, piazza Mancini Battaglia.
Qui, a distanza di pochi metri uno dall’altro, ci sono due esercizi di ristorazione che permettono di fare una magnifica quanto singolare esperienza di cibo consumato per strada.
Il primo è anche il motore principale di questo fenomeno: Frutti di Mare da Nitto. E’ un ibrido tra un negozio di pescivendolo specializzato e una ristorazione a sua volta sospesa tra street food e take away.
Al suo interno, in alcune piccole vasche, si agitano ancora vivi i frutti di mare tipici del territorio: vongole, fasolari, cozze, telline. Talmente freschi che ti spruzzano l’acqua addosso mentre gli giri intorno.
La prima possibilità è quella di prendere un bel piatto di crudo di pesce da consumare sul posto, magari delle croccantissime patelle con sopra una spruzzata di limone.
Il limone è una materia prima presente a chili in questo locale, insieme all’immancabile prezzemolo.
A questo punto ci si può avvicinare la banco della gastronomia dove si trovano parecchi preparati, alcuni già pronti al consumo, altri da cuocere.
Il massimo però è farsi preparare un piatto di pasta espresso ai frutti di mare, rigorosamente in bianco.
Bisogna augurarsi di avere la fortuna di capitare qui uno di quei rari giorni in cui si trovano i fimmineddi. Si tratta di una rara tipologia di frutti di mare, simile a una vongola, ma immensamente più dolce e carnosa. Quasi nessuno la pesca, per la difficoltà di reperimento. Quando capita che li trovino, basta esporli sui banconi e i fimmineddi spariscono in un attimo, perché gli amatori non se li fanno sfuggire.
In alternativa, per la vostra pasta espressa andranno benissimo tutti gli altri tipi di frutti di mare.
E adesso viene il bello. Se volete mangiare tutto caldo senza muovervi da lì, ecco che i gestori del locale vi faranno attraversare la strada grazie a un provvidenziale semaforo pedonale…
… facendovi raggiungere il marciapiede dalla parte opposta della carreggiata, dove apriranno un tavolino e delle sedie di legno e vi faranno accomodare, proprio davanti al mare. Impossibile immaginare qualcosa di più bello e frugale allo stesso tempo.
Dimenticherete così le migliaia di auto che vi staranno scaricando addosso i loro gas a un passo da lì, talmente sarete rapiti da uno scorcio di Catania che ci si perde solitamente, passandoci distrattamente in preda al tran tran quotidiano.
Intanto il personale di Nitto vi porterà l’antipasto che avrete selezionato, profumato come il mare che avete sotto gli occhi.
Poco dopo seguirà un fumante e abbondante piatto di pasta cotto alla perfezione, da consumare in due persone, vista la quantità.
Tutto da mangiare alla buona, dentro vaschette di alluminio e con posate di plastica, ma con una felicità che i poveracci che frequentano i ristoranti stellati non potranno mai capire.
Finito il lauto pasto, basta fare letteralmente due passi e ci si imbatte, sempre nella stessa piazza, nella strepitosa pasticceria Quaranta, a detta di tanti la migliore di Catania.
I gelati? Strepitosi, soprattutto quelli alla frutta territoriale, come il mandarino, esaltante.
Le paste? Eccezionali, soprattutto quelle alla frutta anch’essa locale, come i pasticcini alla Fragola De.Co. di Maletto, inconfondibile per aspetto e bontà superiore.
Anche il resto è eccellente, dalle torte ai dolci alla ricotta, dalla pasticceria secca ai semifreddi.
A questo punto, senza essere andati in alcun ristorante, avrete mangiato magnificamente prodotti di lusso in un contesto splendido, dal primo al dolce tutto ottimo, ma spendendo pochissimo.
Sarà quindi tempo di fare ancora due passi per il lungomare, dove scorgerete i panni stesi di una clochard che si è stabilita in zona…
… o gli immancabili gatti randagi intorno a un’edicola votiva…
… vi ricorderanno quale sia la vera anima popolare di Catania, la stessa che avrete appena gustato tra un take away e una pasticceria, ma che fareste molta fatica a trovare in un ristorante convenzionale della città.
Perché sulle strade del cibo di Catania tutti hanno diritto di cittadinanza. Ci puoi vedere i meno abbienti che vogliono spendere poco seduti a un passo da una tavolata piena di manager in giacca e cravatta, tutti con l’aria soddisfatta che mangiano le stesse cose.
A Catania, la vera giustizia sociale, la fa (soltanto) il mangiare di strada.
Info: www.fruttidimaredanitto.com, www.pasticceriaquaranta.it