Specialmente… a Lipari (Isole Eolie)
La natura di Lipari? Un mare di cultura
Per favore, per cortesia, una supplica: smettetela di chiamarla isola dei Vip.
Soltanto residue manifestazioni di provincialismo periferico insistono nell’usare una simile definizione, ma rimane l’onta verso la vera dimensione di Lipari. Perché soltanto uno sguardo da provinciale può concentrarsi sulla presenza di qualche personaggio noto, distraendosi dal resto. In una grande città continentale nessuno ci farebbe tanto caso: farebbe sorridere sentir definire Roma in primo luogo come città dei famosi o Venezia come meta dei vip.
Quindi, per favore, liberiamo Lipari da questa sudditanza psicologica e freghiamocene altamente se qualche solito noto viene a fare i bagni da queste parti: l’isola non ne ha colpa.
Perché la vera natura di Lipari è il mare aperto di Cultura che dispensa a ogni suo angolo.
La Storia è approdata in continue ondate sull’isola più grande dell’arcipelago delle Eolie, a ridosso della costa a nord est della Sicilia, lasciando tracce ovunque. Una tale ricchezza di offerta che possono bastare anche poche ore di permanenza per comprendere a fondo l’autentica intima anima di Lipari e per ripartire più ricchi di Conoscenza.
Basta recarsi verso la roccia vulcanica che ospita il cosiddetto Castello, percorso già di per sé ricco di fascino.
Qui vi sentirete al centro dello scorrere del Tempo, perché “il Castello rappresenta il centro della vita culturale delle Isole Eolie, animato dalla presenza giornaliera di molti visitatori che possono ripercorrere le tappe della storia delle isole attraverso la visione degli scavi archeologici, dei padiglioni del Museo Archeologico, delle chiese principali (XVI-XVIII secolo), tra cui la cattedrale dedicata a San Bartolomeo con l’annesso chiostro di fondazione normanna (XII secolo), e delle mura di fortificazione” (www.regione.sicilia.it).
Ma è soltanto una delle esperienze di arricchimento che si possono fare a Lipari, anche andando veloci. Basta non farsi distrarre dalle tante trappole disseminate tra le vie per attrarre la curiosità dei visitatori.
Gli effetti deprecabili della caccia al turista generano le peggiori esternazioni nell’ambito gastronomico, a partire dagli slogan urlati dai locali su cartelli che dovrebbero fungere da specchietto per le allodole.
In pieno centro in tal senso si fa notare quello della Cambusa che utilizza senza permesso l’immagine dell’ignaro Luca Zingaretti per una promozione del locale, dichiarando di offrire “I menu del commissario Montalbano”.
Un messaggio pubblicitario uguale l’abbiamo notato a Donnalucata, in provincia di Ragusa, a pochi passi dal set della fiction di Rai Uno: anche in quel caso la visione di un cartello che declamava i menu di Montalbano ci ha fatto scuotere il capo, ma in fondo ci è parso giustificato dal contesto, pur non apprezzandolo.
Qui invece ci troviamo a tanti chilometri dal set della fiction prodotta dalla Palomar, c’è perfino un mare di mezzo, ma si vuole a tutti costi sfruttare ancora un’immagine di finzione della Sicilia come esca per un pubblico che qualcuno reputa talmente condizionato dalla televisione da potere essere irretito con questi mezzi.
Molto più plausibile allora l’oleografia del venditore ambulante, evoluzione meccanica del vecchio carretto siciliano.
In questo caso non si propinano slogan e i prodotti alimentari si promuovono da soli, a vista, con il proprio aspetto naturale.
Nelle vie dello shopping, scema ma resiste in parte l’offerta di tipicità ai viaggiatori, grazie soprattutto agli oggetti di ossidiana nera, materiale vulcanico caratteristico delle Eolie. Per il resto, qualche prodotto enogastronomico confezionato da mettere in valigia…
… e poi tanta oggettistica e abbigliamento comuni a qualsiasi altra località turistica.
Ma chi ama Lipari vi consiglierà di perdervi nei percorsi meno battuti, alla ricerca del vostro scorcio del cuore…
… o semplicemente di un attimo di tregua dall’assedio ai forzati del turismo.
Noi invece vi invitiamo caldamente a tenere il costume riposto in valigia e visitare i tanti beni culturali dell’isola: sono una marea così grande da inghiottire pure tutto il becero vippume che con il suo esibizionismo trash offende l’elegante memoria di questi luoghi.
Perché i poveri vip incolti passeranno senza lasciare traccia, mentre le vestigia di Lipari rimarranno per sempre.
Il Presepe del Mare, epifania dell’incanto nel porto di Lipari
Il Presepe nella Chiesa delle Anime del Purgatorio a Marina Corta è il benvenuto della bellezza che ti dà l’isola di Lipari.
Non hai fatto che pochi passi dalla nave da cui sei sbarcato, il tempo di girare la testa da una parte all’altra ed ecco che già ti si presenta davanti il primo di tanti spettacoli che Lipari offre generosamente: un grande presepe ambientato in un borgo marinaro che idealmente potrebbe trovarsi in un qualsiasi angolo dell’arcipelago delle Eolie.
La scena si sviluppa lungo un corso d’acqua, popolato da pescatori…
… alcuni collocati su barche direttamente sul rivolo…
… rappresentati con un realismo crudo e sincero, senza nulla di artatamente abbellito.
Colpisce la cura dei particolari, come nella riproduzione delle peculiarità architettoniche…
… delle sedi viarie…
… dell’ambiente portuale…
… dei monumenti…
… delle attività artigianali…
… del commercio…
…della vita quotidiana.
Un piccolo mondo antico che sembra proprio vivo…
… anche per effetto del lieve scorrere del corso d’acqua.
Questo gioiello lo si deve all’Associazione SS. Cosma e Damiano Marinacorta di Lipari. Dalla quale hanno avuto modo di dichiarare che “la realizzazione di questo Presepe, oltre che a continuare una tradizione antica della nostra gente, è finalizzata alla sensibilizzazione di residenti e visitatori sulle peculiarità del nostro territorio, di cui l’architettura è parte importante, e sull’importanza della sua conservazione a tutela della nostra identità culturale”.
A stimolare la creazione di questo splendido presepe è stato “il desiderio di ripristinare un manufatto di estremo interesse paesaggistico, storico e culturale rappresentato dalla Chiesetta, eretta nel 1545 sulla Penisoletta del Purgatorio prospiciente la Piazza Ugo di Santonofrio a Marinacorta, già Marina di San Giovanni”, il quale rappresenta “il borgo marinaro più fotografato a Lipari, pieno di storia, di struggenti ricordi per i nostri emigrati, perché è l’ultima immagine che si è scolpita nei loro cuori quando da qui partivano, costretti a lasciare la propria terra natia”.
Già anche queste storie appartengono a Lipari, fatte di emigrazione e povertà, anche se il rutilante afflusso dei turisti sembrerebbe averlo fatto dimenticare.
Il presepe è perennemente allestito: in questo angolo di Lipari, è sempre natale…
Con la nostra camera, abbiamo colto qualche istante di questa atmosfera rarefatta.
Al Castello di Lipari, lo snorkeling culturale
E’ l’immersione più interessante che si possa fare a Lipari: uno snorkeling culturale tra le vestigia archeologiche. Chi ha tempo, raggiunge il Parco Archeologico della Contrada Diana, ma anche i visitatori da una toccata e fuga non possono farsi mancare una camminata nell’acropoli che chiamano il Castello.
Un pianoro che incanta l’Uomo fin dal Neolitico, come testimoniano gli insediamenti ritrovati.
Già allora lo sguardo veniva rapito dalla natura eoliana che piomba sul mare, mentre la vista viene risucchiata dall’infinito del mare.
Girare per i vicoli che circondano il Museo Archeologico vale già ampiamente una visita a Lipari.
Tra edifici storici, mura fortificate, chiese e torri…
… è tutta una successione di sfondi…
… in cui si incuneano scorci e panorami che ti fanno fermare per l’incanto a ogni passo.
Fino a quando la mente non viene rapita dagli scavi archeologici a cielo aperto.
Tracce che iniziano dall’età del bronzo, con resti di capanne, come quella datata al XIV secolo a.C.…
… che testimoniano dell’esistenza di un villaggio.
Quindi strade ellenistiche…
… e strati con resti di età Greca e Romana, nonché delle culture sviluppatesi sull’isola, come quelle milazzese e di Capo Graziano.
La lingua di resti archeologici che si insinua tra gli edifici più recenti traccia un collegamento fisico tra ere e civiltà che si sono avvicendate a Lipari, scegliendo sempre l’acropoli come zona d’elezione per la permanenza sull’isola.
Raggiungere l’area del Castello dal porto è semplice, una passeggiata in lieve salita che non può mancare nel carnet di viaggio di chi finisce nella rete del fascino di quest’isola.
Il Museo Archeologico Eoliano, la principale ragione per andare a Lipari
E’ di inaspettata raffinata bellezza il Museo Archeologico Regionale Eoliano Luigi Bernabò Brea. L’incanto della collocazione, l’eleganza delle esposizioni, la ricchezza dei contenuti, ne fanno una meta imperdibile.
Dovrebbe essere il vero primo motivo per andare a Lipari, ma vallo a spiegare ai turisti meno sensibili, intontiti da mare e natura dell’Isola, quando invece lì nella zona del Castello c’è un gioiello della museologia italiana che potrebbe regalare gioia a cuore e cervello anche per una giornata intera.
La struttura infatti è ampia a articolata. Si potrebbe definire quasi un museo diffuso, per la sua dislocazione in diversi edifici storici contigui. Questa organizzazione spaziale è scandita anche dalla divisione in sezioni che corrispondono ciascuna a uno dei sei padiglioni che accolgono le esposizioni: Preistorica, Epigrafica, delle Isole Minori, Classica, Vulcanologica e di Paleontologia del Quaternario.
Colpisce subito la perfetta razionalizzazione del percorso espositivo, la quale una volta tanto rende fruibile una struttura museale anche al turista che va di fretta. Merito della semplice ma geniale idea di apporre due generi di didascalie. Una ben approfondita per chi vuole conoscere anche i minimi dettagli dei reperti di ogni singola teca.
L’altra serie di testi, evidenziata dal colore rosso, è invece una sintesi estrema dei medesimi contenuti, pensata proprio per accelerare i tempi di visita senza che il fruitore debba rinunciare a capirci qualcosa. Sarà una sorta di bignami, ma questo sistema assolve magnificamente il suo compito, soprattutto se si pensa ai tanti turisti che si precipitano al museo durante la sosta di una crociera e hanno soltanto un paio di ore per goderne. Un ulteriore plauso al particolare che queste didascalie rapide vengono fornite anche in lingua inglese.
Tanti i viaggi mentali che si compiono passando da una sala all’altra, come quello che “documenta ed illustra, attraverso i complessi dei reperti esposti, gli insediamenti umani e lo sviluppo delle civiltà succedutesi, nell’Arcipelago Eoliano, dalla Preistoria alle soglie dell’Età Moderna”, come si legge sul sito del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (www.beniculturali.it).
Lo stesso in cui si viene informati che “disponibili per la consultazione del pubblico sono inoltre, all’interno della Sezione Preistorica, della Sezione delle Isole Minori e della Sezione Classica, delle postazioni informatiche di facile accesso per quanti vogliano più ampi spunti di approfondimento, e sui complessi esposti nel Museo e sulle emergenze archeologiche e/o monumentali del Castello”.
Potente l’impatto con alcuni angoli dell’allestimento.
Come l’eleganza delle teche in vetro inscritte nella pietra…
… affiancate fino a creare un breve ma suggestivo percorso labirintico…
Suggestionano poi le tante maschere lasciate dagli antichi Greci…
… le quali ricordano il lutto dei riti funebri o la gioia intellettuale del teatro.
Ma sarebbe infinito l’elenco dei reperti, ciascuno portatore di una storia lontana di genti e culture: da suppellettili e frammenti di ogni tipo…
… a imponenti sarcofaghi.
Tra le tante storie raccontate, le più commoventi sono quelle dei tanti naufragi a cui queste coste hanno dovuto assistere nei secoli…
… tragedie di cui molti dei reperti sono l’ultima silente testimonianza.
Da segnalare il grande successo della Sezione Vulcanologica che ha sede in un edificio del XIV secolo: “intitolata ad Alfred Ritmann, ha come scopo didattico quello di introdurre il visitatore alla conoscenza della geomorfologia dell’Arcipelago Eoliano, le cui isole sono di formazione vulcanica, ovvero alla comprensione di molti aspetti degli insediamenti umani succedutisi attraverso i secoli, la loro formazione, l’economia, la cultura materiale” (www.regione.sicilia.it).
E’ distribuita su tre piani, ripartiti in Archeologia Industriale, Vulcanologia Generale, quindi la Vulcanologia di tutte le sette isole che compongono le Eolie, Stromboli, Vulcano, Panarea, Lipari, Salina, Filicudi e Alicudi.
Abbiamo visto appassionati dell’argomento perdersi nelle sale in preda all’estasi, mentre dichiaravano a voce alta che ci avrebbero trascorso la giornata intera in questa sezione. La quale è in effetti ricchissima, anzi, decisamente sterminata, tanto che è davvero impossibile da esaurire se non dopo parecchie ore di letture intense. Infatti è composta sì da reperti, ma la parte più consistente è rappresentata dalle tantissime didascalie fitte di testi.
Una sorta di contraltare del resto del museo: tanto sono immediate e altamente fruibili da tutti le sezioni storiche, quanto invece la parte vulcanologica è per esperti o appassionati, anche se gli vanno tributati un rigore scientifico e una completezza davvero ammirevoli.
Non abbiate paura di perdervi tra tutti questi percorsi: il personale del Museo, molto attento e vigile, vi indirizzerà sempre verso la corretta successione degli ambienti di visita, senza mai farvi smarrire il filo pensato dagli allestitori, un prezioso ordito di sapienza e comunicazione.
Info: www.regione.sicilia.it
Il Chiostro Normanno a Lipari, benedetto dal turismo…
Il Chiostro Normanno di Lipari è un angolo di grazia rarefatta che si nasconde tra le trame architettoniche del complesso del duomo di San Bartolomeo.
Come denuncia il nome, è eredità dei Normanni che varcata la soglia dell’anno 1000 si attivarono per dare nuova vita a Lipari che si era spopolata a causa di ripetute invasioni arabe. Il compito fu sostenuto dagli ineffabili monaci benedettini che non mancarono di portare bellezza anche sulla maggiore delle Eolie.
I successivi rivolgimenti della Storia portarono nuova distruzione nell’isola e un cambio di utilizzo per questo sito, usato anche come cimitero e poi dimenticato, sopraffatto da nuove costruzioni.
La riscoperta è avvenuta poco meno di quarant’anni fa, quando venne causalmente notato e poi caparbiamente riportato alla luce.
Oggi rifulge di una poesia fuori dal tempo. Bastano pochi passi per percorrerlo interamente, eppure ci si riempie a sazietà gli occhi di grazia.
Non soltanto per l’armonia della costruzione, ma per la sensazione che il luogo sia in grado di parlarti, magari di tutti i rutilanti eventi di cui è stato testimone, mentre l’evoluzione della civiltà progrediva tumultuosamente.
I turisti lo hanno adocchiato da tempo e qualcuno si è organizzato di conseguenza: tanto che dentro la cattedrale di San Bartolomeo da cui si accede al sito è stato allestito un vero e proprio shop, un negozio in piena regola non di oggetti sacri ma di ammennicoli per turisti, il quale funge anche da biglietteria per la visita al Chiostro.
Ma, secondo i testi ritenuti sacri dai credenti, i mercanti non erano stati cacciati dal tempio dal fondatore della religione cristiana?
Dolce e Salato a Lipari si trovano per strada…
Se siete di fretta a Lipari e non avete tempo di mettere le gambe sotto al tavolo, come in ogni località siciliana che si rispetti vi può venire in soccorso la rosticceria, la versione più popolare della gastronomia di strada già pronta.
Tra le più attente nel proporre anche specialità territoriali c’è Dolce e Salato, in corso Vittorio Emanuele II, non distante dagli imbarchi.
Due i prodotti tipici della gastronomia del messinese che vengono proposti dal locale.
Il più raro e caratteristico è il pidone, sorta di calzone dall’impasto tenace che raccoglie un ricco condimento in cui troneggiano tuma e acciughe, accompagnate da pomodoro e scarola. Si può trovare anche al forno, noi lo abbiamo provato nella versione fritta, nella quale l’esterno si presenta più docile alla masticazione. La frittura esalta la golosità di un ripieno pregno di sapidità, talmente appetitoso da stimolare voracità. Unica controindicazione proprio riguardo alla qualità della frittura, la quale deve avere qualche difetto, visto che l’abbiamo trovata ostica al momento della digestione. Solitamente accade quando l’olio è consunto o di non eccelsa qualità.
Esecuzione da manuale invece quella della classica focaccia alla messinese, dove ritroviamo come segno distintivo la verdura, in compagnia di olive, pomodoro e immancabili acciughe, contornata da un fragrante bordo alto. Sazia e appaga.
Due prodotti perfetti da consumare anche per strada, magari mentre si sta raggiungendo il traghetto dopo una visita lampo all’isola.