Specialmente… tra le tipicità del Veronese
Gastro-geografia del Veronese: il Turismo dalla Tavola al Territorio
E’ proprio vero che un territorio si può visitare anche stando a tavola. Ne è dimostrazione lampante il Veronese: ogni suo prodotto e ciascuna sua ricetta raccontano nei minimi dettagli ogni aspetto della propria provenienza.
Il riso ti parla della pianura, della lotta per sottrarre alla malaria le zone acquitrinose e farne terreni fertili. Il Risotto all’Isolana sancisce la centralità di Isola della Scala nella rinascita della zona, ma senza dimenticare che tutto ha avuto origine dal durissimo sforzo di chi un tempo lavorava il riso senza ausilio delle tecnologie moderne, meritandosi la dedica di questa ricetta.
I campi coltivati intorno a Verona regalano anche quantità impressionanti di verdure in tutte le stagioni, mentre ci sono appassionati archeologi della frutta che vanno a cercare le specie dimenticate, appartenenti a una memoria contadina che non si vuole fare sparire.
C’è poi chi in totale solitudine si coccola i suoi vitigni nella lussureggiante Valpolicella, senza infestarli di sostanze strane, rispettando a tal punto il succo delle uve da non volerlo alterare con l’affinamento in legno, per fare il vino come una volta e non secondo i dettami del mercato.
Sapiente manualità antica al centro del lavoro delle Sfogline, le maestre pastaie che ogni giorno tengono viva la leggenda del Nodo d’Amore, ovvero il mitico Tortellino di Valeggio sul Mincio.
Il piccolo ma agguerrito comune di Illasi può vantare la titolarità del primo prodotto De.Co. della provincia di Verona, l’irresistibile Pearà, piccante salsa per bolliti.
Tanto celebrati i formaggi veneti, ma quanti conoscono la Mattonella della Lessinia? Forse soltanto alcuni di coloro che si spingono fin sui Monti Lessini per amore della natura o degli sport di montagna, perché è davvero raro e sconosciuto questo delizioso formaggio, molto versatile in cucina.
Dalle stesse parti di questi splendidi monti veronesi giunge la ricetta degli Gnocchi Sbatui de Malga, testimonianza di gente di montagna che anche davanti al rigore climatico e alla povertà non hanno rinunciato a coltivare grandi sapori nella semplicità.
Infine, un passaggio sul Garda Veronese, dove l’aria buona ha ispirato la romanzesca storia di un frollino che sembra uscita da un libro.
Unite tutti i punti ideali tracciati da prodotti e ricette di cui vi abbiamo parlato e ne ricaverete la geografia enogastronomica della provincia di Verona. Una mappa che può esaltarvi a tavola, ma che può essere lo spunto per un viaggio entusiasmante, recandosi nei territori citati: basta non avere fretta, ma tanta voglia di umanità.
Il riso nel Veronese: Nano sulle spalle dei giganti
Per quanto la quantità prodotta rappresenti una percentuale molto piccola di quella nazionale, il riso del veronese rappresenta un’eccellenza italiana e si è guadagnato grande notorietà anche fuori dai confini italiani. Merito della qualità del prodotto e della capacità di promuoverlo, non soltanto come fenomeno alimentare, ma anche turistico.
La produzione di riso nel veronese si concentra soprattutto nella zona sud-occidentale della provincia. A fare la parte del leone, il territorio di Isola della Scala, grazie anche all’abilità nello svolgere un’efficace azione di marketing, il cui apice è l’organizzazione di un’imponente Fiera del Riso che si tiene in settembre (www.risovialonenano.net).
Tra gli esempi virtuosi della zona, spicca la Riseria Ferron, instancabile nel promuovere tutto il sistema risicolo del veronese. Il sito dell’azienda è prodigo di informazioni, come quando ci fa sapere che “per le sue molteplici virtù, il Riso era un tempo definito dalle popolazioni padane il tesoro delle paludi. Ancor oggi, quando una persona s’ammala, il primo rimedio a cui si pensa nella Bassa veronese è di somministrargli un piatto di Riso in bianco, perché “el Riso (sia il cibo che il sorriso) fa bon sangue”, come dice un antico proverbio, e perché possiede effettivamente proprietà rinfrescanti e astringenti”.
Tra le altre ragioni per la diffusione della sua coltivazione in questo territorio, la presenza di acque risorgive e di fontanili, nonché la pratica quasi scomparsa della marcite, antica tecnica per la fertilizzazione delle colture.
La memoria storica della zona racconta di quanto fosse improbo il lavoro dei coltivatori, per la fatica necessaria richiesta dal trattamento del terreno delle risaie, ma a causa delle infestazioni della malaria.
Ce ne volevano di tribolazioni prima di arrivare al raccolto, accompagnato dalla cattura delle carpe di risaia, efficace rimedio naturale contro insetti ed erbe infestanti.
Grazie a stenti e sapienza contadina, quella produzione è diventata il vanto della provincia di Verona, nonché un suo importante volano economico, sua dal punto vista commerciale che turistico.
Ciò per merito della lungimiranza di puntare su una qualità divenuta oggi identitaria, il Vialone Nano. “E’ stato ottenuto nel 1937 presso la Stazione Sperimentale di Risicoltura di Vercelli incrociando la varietà Vialone e Nano” ricorda il sito di Ferron, spiegando che le “caratteristiche principali del Vialone Nano sono la capacità di assorbire condimenti e la tenuta in cottura, che ne fanno il vero e proprio re dei risi da risotto”.
Il resto è storia recente: “nel 1979 venne costituito il Consorzio per la Tutela del Riso Vialone Nano Veronese, che attualmente conta una trentina di soci, tra produttori e riserie, impegnati nel rispetto di un disciplinare di produzione approvato e registrato dalla Comunità Europea. Nel 1992, si intraprese l’iter burocratico per il rilascio dalla CEE del marchio di Indicazione Geografica Protetta, per tutelare le caratteristiche e le qualità del prodotto. Nel 1996 il nostro Riso divenne il primo in Europa a poter vantare il marchio IGP”.
Abbiamo chiesto a Gabriele Ferron, titolare dell’omonima azienda, di spiegarci l’importanza del riso nel veronese.
Info: www.risoferron.com
La ricetta del Risotto all’Isolana, tipica del Veronese
Una ricetta che nasce da un lavoro antico e romantico, quello dei piloti, intesi come i conduttori delle pile, termine con il quale venivano chiamate le riserie già nel ’600. Il piloto era dunque per il riso l’omologo del mugnaio per il mulino.
Un lavoro incessante che si allungava alle ore notturne, come ricordano alla Riseria Ferron di Isola della Scala in provincia di Verona, “per questo in molti casi il Piloto ricavava all’interno della Pila stessa un angolo che adibiva a sua dimora dove riposarsi e sfamarsi nei pochi momenti di intervallo tra una lavorazione e l’altra”.
Fino a quando il piloto, finalmente, il riso frutto di quel lavoro, “alla Domenica, giorno di meritato riposo, lo cucinava con un battuto di lardo, un po’ di burro e una puntina di pomodoro, ricetta divenuta poi famosa con il nome di Risotto alla Pilota”.
E’ da questa tradizione che deriva il Risotto all’Isolana, declinazione veronese che prende il nome proprio da Isola della Scala, la località in cui si trova la Riseria Ferron che lo prepara all’interno del suo Ristorante Pila Vecia.
Ecco, nell’avvincente spiegazione di Gabriele Ferron, la videoricetta del Risotto all’Isolana.
La ricetta del Risotto all’Isolana di Gabriele Ferron
Ingredienti per 4 persone:
– 320 g Riso Vialone Nano
– 7 dl brodo di carne
– 150 g lombata di maiale
– 150 g vitello magro
– 40 g burro
– 50 g grana grattugiato
– cannella in polvere
– 1 rametto di rosmarino
– vino bianco
– sale e pepe q.b.
Preparazione:
Mettete a fuoco lento 30 g di burro con un piccolo rametto di rosmarino. Quando il burro sarà dorato, togliete il rosmarino, mettete la carne tagliata a pezzetti ed alzate il fuoco.
Rosolate la carne e insaporite con pepe, sale e una spruzzatina vino bianco, quindi abbassate il fuoco e completate la cottura.
Mettete la pentola con il brodo a fuoco sostenuto sul fornello e portate ad ebollizione; versate il riso e con un mestolo di legno muovètelo dal fondo, quindi coprite la pentola.
Quando l’ebollizione riprende, rimuovete ancora delicatamente il riso, abbassate il fuoco al minimo, ricoprite la pentola per 15 minuti; unite a questo punto circa metà ragù, date una mescolata e coprite fino a cottura ultimata.
Levate la pentola dal fuoco, unite il rimanente ragù, il grana (spolverato di cannella) ed il burro rimasto a fiocchetti. Mescolate il tutto con estrema delicatezza.
Servite in pirofila o piatto singolo con qualche rametto di rosmarino.
Info: www.risoferron.com
La ricchezza degli ortaggi nel veronese
Il territorio di Verona è ricco di ortaggi, un aspetto su cui sarebbe il caso di puntare maggiormente l’attenzione, dato che si tratta di ingredienti fondamentali della cucina veronese.
Ce ne parla Davide Veneri, titolare dell’Osteria Verona Antica.
L’autore: Davide Veneri
E’ nato nel 1971 a Verona. Attualmente è titolare dell’Osteria Verona Antica e della Bottega dell’Osteria. Laureato in Scienze Politiche, è stato cuoco e direttore d’albergo. Molteplici le esperienze nell’organizzazione di eventi. E’ relatore e consulente per enti e istituzioni.
Castiglione: frutti dimenticati, confetture da ricordare
Se fino a oggi avete pensato alle marmellate come semplice alimento mattutino, farcitura di dolci o al massimo quale accompagnamento dei formaggi, da oggi dovrete ricredervi: una volta che avrete provato i prodotti dell’ Azienda Agricola Castiglione, scoprirete come una confettura possa diventare regina assoluta della tavola.
L’azienda si trova a Castiglione di San Michele Extra, quartiere di Verona ma collocato fuori città, in prossimità del comune di San Martino Buon Albergo. Una distanza dal centro di Verona tale da essere fissata già nel suo nome, visto che nell’antichità questa località veniva chiamata San Michele Extra Moenia. Si tratta di una zona ricca di campi generosi, capaci di regalare la materia prima che l’azienda trasforma in prodotti magnifici. Prodotti che potreste trovare ai mercatini a km. 0 di Veronatura della Coldiretti a Verona.
Fantasia negli abbinamenti, qualità estrema della materia prima, cura maniacale della filiera, perfino ricerca filologica: sono tanti gli elementi che contribuiscono a fare dei prodotti di Castiglione una meraviglia inaudita.
Accanto alle confetture classiche, si trovano quelle sfiziose ai pomodori verdi e fichi, pere con mele e cannella, cipolle viola e liquirizia, zucca e zenzero, mentre more e lamponi sono proposti sotto forma di esaltante gelatina. Nota a parte per la marmellata di rose, consigliatissima con i formaggi a pasta molle o cremosi.
Ci ha spiazzati piacevolmente soprattutto quella al sambuco, un’incredibile confettura da sgranocchiare, tanto sono mantenute integre le bacche: sembra di averle appena colte dalla pianta.
Non contenti alla Castiglione si mettono anche a fare gli archeologi della frutta autoctona: così se ne vanno in giro per campi e boschi del veronese alla ricerca di specie selvatiche, antiche, rare o a rischio di estinzione.
Come le azzeruole (pomi lazzarini), da diverse fonti inserite in cima alla lista dei “frutti dimenticati”: è talmente vero che quando se ne assaggia la marmellata si rimane spiazzati, poiché è impossibile ricondurne il gusto originalissimo a nessun altro. Accostatela a tutto ciò che volete (formaggi in testa), ma un pezzo di pane basta per fare con questa confettura una cena indimenticabile.
Lo stesso vale per la marmellata di nespole selvatiche, ancora più estrema nel gusto, tanto che per qualche consumatore può risultare sconcertante: ma datele tempo di sprigionare il suo retrogusto di fitta boscaglia e sarà il paradiso.
Si giunge alla commozione quando si apre la Mostarda di Peri Trentossi e Mele Deccio, due rarità assolute, entrambe conosciute già in epoca romana. Come per rispettarne l’antichissima storia, la mostarda che se ne ricava è ben diversa dalla altre: i frutti sono inseriti a piccoli pezzi in un composto molto liquido. Ne deriva un prodotto per niente stucchevole, in cui si possono riconoscere quasi inalterate le proprietà organolettiche dei frutti. Potreste ritrovarvi a mangiare pane e mostarda e null’altro, tanto è buona, ma se proprio volete godere, provatela con i formaggi di malga dei Monti Lessini.
Andiamo a scoprire i segreti di questi prodotti dalle parole di chi lii realizza, Giorgio Mosconi.
Info: www.aziendaagricolacastiglione.it
NO al vino che sa di legno, SI al vero vino della Valpolicella: Contrà Malini contro tutti, Consorzio compreso
L’inveterata barbara abitudine di prendere a legnate il vino, trova sempre più auspicabili detrattori. In Valpolicella, cuore enoico del territorio veronese, a stigmatizzare l’ossessione di affinare sempre e comunque in legno ogni vino prodotto, è il contadino rivoluzionario Fabio Tezza.
Nella sua azienda che conduce in solitaria, dando vita ai vini di Contrà Malini, le botti ci sono, grandi e piccole, ma vengono utilizzate con giudizio e parsimonia, soltanto quando davvero non se ne può fare a meno.
Per il resto, spazio alla maturazione in acciaio che non droga il vino con inutili sentori di legno, buoni soltanto per Lanzichenecchi privi di (buon) gusto, condizionati dalle pratiche enologiche barbariche importate dai sopravvalutati francesi.
Tezza in questa battaglia di vera civiltà del bere inserisce anche l’Amarone, suscitando scandalo tra i colleghi: sembra una blasfemia affinare in acciaio il re dei vini della Valpolicella, con gli altri produttori che invece lo innervano con robuste dosi di legno per farne un randello buono per spianarsi la via del mercato, soprattutto internazionale.
Purtroppo, questo sincero afflato verso il rispetto della vera natura del vino che non può tollerare l’invadenza della barrique, non troverebbe riscontro nemmeno da parte del Consorzio che si occupa dei vini del territorio, come denuncia coraggiosamente Tezza, nel silenzio assoluto di tutti gli altri produttori, i quali sembrano non rendersi conto di quale suicidio rappresenti la pratica di appiattire il loro vino con l’uso smodato delle botti.
Anche per questo siamo fieri di dare la parola a Tezza.
Info: www.contramalini.it
La lavorazione artigianale dei Tortellini di Valeggio
I Tortellini di Valeggio sono un prodigio, di gusto come di artigianalità. La lavorazione della sfoglia sottilissima richiede una maestria formidabile, con le dita che in una frazione di secondo intrecciano impasto e ripieno in una scultura da mangiare.
Una manualità che ha reso celebre questo tortellino che nasce nella provincia di Verona, a due passi dal placido scorrere del Mincio.
Merito della grande sapienza di chi ogni settimana produce con le proprie mani centinaia di chili di questo prodotto unico: sono le Sfogline, come amorevolmente vengono chiamate qui queste maestre pastaie.
Siamo andati a osservare le artigiane al lavoro nel ristorante Alla Borsa di Valeggio sul Mincio, il più importante tempio del tortellino locale.
Info: www.ristoranteborsa.it
La Pearà, De.Co. di Illasi (Verona): la videoricetta della salsa per bolliti del veronese
Famosissima nel veronese, del tutto assente fuori dai suoi confini: la Pearà è inestricabilmente radicata al suo territorio di appartenenza, tanto che se volete provarla, dovete necessariamente recarvi nella zona di Verona, alla ricerca di quei locali che ancora la propongono fedele alla ricetta originaria.
Ad appropriarsene amministrativamente è stato il comune di Illasi, poco più di cinquemila abitanti a venti chilometri da Verona, il quale nel 2007 l’ha dichiarata come proprio prodotto a Denominazione Comunale.
Mentre tutti concordano sull’etimologia, visto che pearà in veneto vuol dire pepata, caratteristica spiccata di questa salsa, sulle origini invece occorre scomodare la leggenda. Una in particolare: “una leggenda secondo cui l’inventore della pearà fu il cuoco del re longobardo Alboino. Questo re uccise re Cunimondo e fece un calice col suo cranio, poi ne sposò la figlia Rosamunda. Una sera, probabilmente ubriaco, Alboino le offrì da bere in questo calice. Per la disperazione, Rosamunda si lasciò quasi morir di fame ma il cuoco, mosso a compassione, volle inventare una salsa nutriente e saporita per ridarle forza. Evidentemente la pearà fece il suo dovere, dato che Rosamunda ed il suo amante Elmichi assassinarono Alboino…” come si legge in un sito dedicato, Peara.it (www.peara.it).
La sua funzione sarebbe quella di accompagnare i bolliti, anche se è talmente buona che difficilmente si resiste a gustarla anche da sola, accompagnata da un pezzo di pane. L’accoppiata della pearà con il bollito rappresenta una reminiscenza della povertà delle famiglie del veronese; quando questa in pieno ’800 colpì anche la nobiltà, il piatto si estese a tutte le fasce della popolazione, divenendone una pietanza identitaria.
Dalle parti di Illasi abita il più appassionato e competente ristoratore di tutto il veronese, Davide Veneri, titolare di quell’Osteria Verona Antica (via Sottoriva 10, Verona) che propone la pearà come orgoglio culturale.
Abbiamo così chiesto al cuoco dell’Osteria, il poetico Marco Ala, di illustrarcene la preparazione. L’ha realizzata davanti alle nostre telecamere, per servirla insieme a un cotechino artigianale fatto da suo papà, tra i cinque più buoni di tutta Italia.
Lasciamo a Marco la parola e… i fornelli.
Ed ecco la ricetta di Marco Ala per fare la Pearà con il cotechino.
Ricetta di Cotechino e Pearà per 4/5 persone.
Ingredienti:
-2 Cotechini(da 800 gr circa l’uno)
– 100gr di midollo di manzo
– 500 gr pangrattato
– pepe Q.B
– Brodo di carne
Procedimento.
Per i Cotechini.
Immergere i cotechini in abbondante acqua fredda e far cuocere per 2 h15 min. circa da quando inizia a bollire.
Per la Pearà.
Sciogliere il midollo.
Aggiungere il pangrattato e tostare il pane.
Aggiungere il brodo piano piano.
Aggiungere il pepe e continuare a cuocere per circa 3 ore a fuoco lento.
A cottura ultimata, servire in un piatto da portata con il cotechino tagliato a fette, privo di budello.
Info: www.osteriaveronaantica.it
La Mattonella della Lessinia, formaggio raro del veronese
La Mattonella della Lessinia è un formaggio di malga di latte vaccino, realizzato con latte di mucche al pascolo nel parco nazionale della Lessinia.
Un blocco di meraviglioso formaggio che si esalta se scaldato fino a farlo filare, ma è ottimo anche a crudo, magari accompagnato da qualche confettura delicata o miele.
Una specialità riscoperta da Davide Veneri che la propone nell’Osteria Verona Antica.
Info: www.osteriaveronaantica.it
L’autore: Davide Veneri.
E’ nato nel 1971 a Verona. Attualmente è titolare dell’Osteria Verona Antica e della Bottega dell’Osteria. Laureato in Scienze Politiche, è stato cuoco e direttore d’albergo. Molteplici le esperienze nell’organizzazione di eventi. E’ relatore e consulente per enti e istituzioni.
La ricetta degli Gnocchi Sbatui de Malga
Già dalla sua denominazione gli Gnocchi Sbatui de Malga raccontano la propria provenienza in maniera inequivocabile: le malghe del veronese abbarbicate sui Monti Lessini, dove si produce il magnifico formaggio che sbattuto con le patate dà vita a un meraviglioso piatto della cucina povera.
All’Osteria Verona Antica di via Sottoriva 10 a Verona li realizza Marco Ala che qui ci spiega come preparali anche per la nostra tavola.
Ricetta degli Gnocchi Sbatui de Malga per 5 persone
Ingredienti:
– 600gr ricotta
– 200gr panna fresca liquida
– 200gr acqua tiepida
– 2 uova intere
– 400gr farina
– sale pepe Q.B.
– 200gr burro
– ricotta affumicata
Procedimento:
Mettere a sciogliere il burro.
Gratuggiare la ricotta affumicata in una bastardella.
Unire tutti gli ingredienti e mescolare energeticamente.
Con l’aiuto di una sac à poche, fare gli gnocchi e cuocerli in acqua bollente e salata.
Una volta a galla, tirarli fuori dall’acqua di cottura, servirli in un piatto da portata, coprirli di abbondante burro fuso caldo e ricotta affumicata grattugiata.
Info: www.osteriaveronaantica.it
La vera storia del Sanvigilino, il frollino del Garda
E’ tutto da scoprire il Sanvigilino, per il suo sapore come per la curiosa storia della sua creazione. E’ un frollino nato sulle sponde del Lago di Garda per rendere omaggio a un nobile britannico.
Ce lo fa conoscere Davide Veneri, il quale lo serve a fine pasto, accompagnato da un buon Recioto, nella sua Osteria Verona Antica in via Sottoriva 10 a Verona.
Info: www.osteriaveronaantica.it
L’autore: Davide Veneri.
E’ nato nel 1971 a Verona. Attualmente è titolare dell’Osteria Verona Antica e della Bottega dell’Osteria. Laureato in Scienze Politiche, è stato cuoco e direttore d’albergo. Molteplici le esperienze nell’organizzazione di eventi. E’ relatore e consulente per enti e istituzioni.