Specialmente… a Trapani: dove mangiare tipico
Trapani, i luoghi della gastronomia diffusa
Che si tratti di uno dei paradisi gastronomici mondiali non è esagerato sostenerlo: Trapani effettivamente offre grande qualità di eccellenze culinarie e notevole quantità di luoghi in cui gustarle.
Se la salute di un sistema gastronomico territoriale si vede dalla sua ristorazione media, Trapani gode di un eccellente stato di forma: anche nei locali ad alta vocazione turistica non si rischiano brutte sorprese, anzi, si possono trovare degli ottimi piatti a buon prezzo.
Merito di un sentito diffuso legame con la tradizione che si riscontra su quasi tutte le tavole della città, dove pressoché nessuno rinuncia a offrire le ricette identitarie.
A fare la differenza sono quei ristoranti che oltre alle ovvietà (detto in senso buono) si impegnano a offrire ricette più complesse e rare, come nel caso della zuppa di aragoste delle Egadi, quasi totalmente scomparsa dai locali trapanesi nello scorso mese di giugno, se non fosse stato per un cuoco dal futuro grande come il talento che la ritiene un cardine della propria cucina.
Per il resto, a Trapani ci sono dei bar e perfino dei panifici che danno soddisfazione quanto e più di un ristorante, proponendo antiche specialità da forno e squisite tipicità di rosticceria.
Senza dimenticare un passaggio d’obbligo dalla granita e il rito di una dolcissima prima colazione. Partiamo proprio da qui.
Da Angelino Galati, il tempio del rito della prima colazione a Trapani
Se siete a Trapani e volete iniziare la giornata con un sorriso largo e splendente, andate a fare la prima colazione da Galati.
Il problema sarà uscirne, dal locale di via Ammiraglio Staiti 87.
Ci vuole almeno una buona mezz’ora soltanto per soddisfare la vista con l’infinita varietà di cose buone che si affacciano dai banconi. Ti ritrovi a camminare avanti e indietro da un estremo all’altro del locale, facendo la spola tra gli espositori dei dolci e quelli dei prodotti salati.
Stai lì a salivare, pensi che vorresti mangiare tutto, ma fai fatica a decidere da cosa cominciare.
Perché davanti a te si srotola la materializzazione di un manuale completo di pasticceria e di rosticceria siciliane. Non manca nulla di tutto ciò che ci deve essere.
Per uscire dalla gradevole impasse, scegliamo la via della tradizione. La più classica delle prime colazioni in questo territorio vede come protagonista la graffa con la ricotta. Si tratta della versione locale del krapfen, dall’impasto però più soffice e gradevole, il quale viene spaccato per l’inserimento di una farcitura alla ricotta. Squisitezza imperdibile.
Tra le peculiarità del locale, una strepitosa crema allo zabaione: non uscite senza averla provata, in qualunque tipologia di dolce si trovi.
Nel salato è un trionfo di focaccine, cardinali, romanelle, pizzette rustiche, paté, bombe, crostini fritti, un assortimento da perdere la testa.
Il fatto che vedrete scritto “arancine” al femminile testimonia l’influenza della cultura rosticciera dell’area occidentale della Sicilia e palermitana in particolare.
All’interno di Galati c’è anche il ristorante Angelino: sarà certamente buono, ma non siamo riusciti a provarlo, irretiti dal tripudio di meraviglie che già ti accoglie nell’area del bar con la pasticceria e la tavola calda, per provare a sufficienza le quali sono necessarie diverse visite.
Quindi organizzatevi e andate da Galati a stomaco vuoto: il palato vi ringrazierà.
Info: www.angelino.it
Le granite artigianali di Colicchia a Trapani, le più radicali d’Italia
Le granite in Sicilia sono diventate così popolari e turistiche da essere date per scontate in troppi locali, compresi i più celebrati: vedi il Caffè Sicilia di Noto dove sono davvero mediocri, a dispetto della fama del pasticciere Corrado Assenza.
Non è così da Colicchia a Trapani. Qui la granita è una cosa dannatamente seria, tanto da impiegare per la sua preparazione buona parte della giornata lavorativa.
Giovanni Colicchia inizia di buon mattino a coccolare le sue granite: le tratta come delicato organismo vivo, alimentandone la bontà con amorevole perseveranza. Un giorno lo abbiamo osservato per almeno un’ora mentre girava e rigirava i composti delle granite, rigorosamente a mano. E ci vuole tanto olio di gomito per muovere una massa fittamente cremosa di diversi chili.
Una fatica fisica immane che può essere sostenuta soltanto da una passione altrettanto grande.
Qui non si cerca alcuna scorciatoia: niente preparati, nemmeno la facilitazione dell’uso della pasta di mandorle, bensì materie prime lavorate manualmente una per una, dal primo all’ultimo passaggio.
Basta assaggiare la granita alla mandorla per comprenderlo: molto granulosa, va praticamente masticata, tanto è ricca di pezzi di mandorle. Da qui deriva un gusto naturale che sconvolge per ricchezza e sincerità. Potrebbe perfino non piacere questa granita alla mandorla, se il proprio gusto è abituato a quelle delicate o perfino acquose della stragrande maggioranza dei bar dell’Isola. Ma date tempo alla coriacea consistenza della granita di Colicchia di entrarvi nel cuore e dopo farete fatica a mangiarne altrove.
Un consiglio: provate ad accompagnare le granite non con la canonica brioche, ma con un biscotto ericino o con uno all’anice, accederete a un’altra dimensione del gusto.
Oltre ai gusti canonici, Colicchia osa con il Gelsomino: ancora una volta sconcertante il primo approccio, ma è un’esperienza da fare, il sentirsi invadere la bocca da questa profumata freschezza floreale e balsamica.
Da citare ancora la realizzazione della granita al caffè, la quale richiede diversi giorni di lavoro. Viene realizzata con procedimenti lenti, a partire dal caffè fatto con la moka. Sentirlo raccontare da Colicchia, commuove.
Quest’uomo, chiuso nei pochi metri quadrati del suo locale in via delle Arti a Trapani, dovrebbe essere additato a esempio di cosa voglia davvero dire l’artigianato in pasticceria, lontano dai fronzoli metropolitani e dalle sofisticazioni degli omologatori del gusto.
Ciò richiede comprensione anche da parte degli avventori, i quali devono prepararsi a qualche inevitabile attesa. Può infatti capitare che alle 9 del mattino non tutte le granite siano ancora pronte: e lo vedi Colicchia lì che le gira e le rigira fino a quando non raggiungono la giusta consistenza. In questo caso, sedetevi e aspettate, perché ne vale la pena e soprattutto perché quell’artista lì dentro merita tutto il sostegno.
Approfittando dell’umana disponibilità di Colicchia, gli abbiamo fatto qualche domanda, mentre era chino a lavorare, come sempre: ecco cosa ci ha risposto.
Il Panino dell’Ufficiale, arma segreta dello street food di Trapani
Lo conoscono in pochi, ma non è un segreto militare: soltanto che per trovarlo dovete andare a scovarlo nei panifici che ancora coltivano ancora la tradizione, i quali sono sempre meno.
Eppure il Panino dell’Ufficiale dovrebbe rientrare a pieno titolo tra le tipicità più importanti di Trapani, non soltanto per la sua estrema golosità, ma anche per il suo radicamento nella storia culinaria della città.
E’ un pane di grano duro, condito semplicemente con pomodoro, mozzarella e olio: viene quindi infornato, per fare filare il formaggio e così invadere di sapore tutta la preparazione. Una tecnica non dissimile dalla preparazione del pane cunzato alla maniera di Scillichenti, nel catanese.
Del Panino dell’Ufficiale abbiamo provato la strepitosa versione del panificio Bernardo, in via Ammiraglio Staiti 91, a Trapani.
E’ qui che ci siamo fatti spiegare questa specialità.
La Rianata, De.Co. di Marsala, identità trapanese
Il comune di Marsala è, insieme a quello di Mazara del Vallo, il più attivo in Sicilia nel certificare prodotti De.Co.. Depositario di ben cinque prodotti a Denominazione Comunale, vanta il primato nella Regione e un plauso ai suoi amministratori che hanno capito l’importanza di questa certificazione.
In buona parte si tratta di prodotti esclusivi della città, tanto da portarne il nome da sempre, come per il Pane di Marsala, o per quella Fragola di Marsala che è una cultivar esclusiva del territorio comunale marsalese.
Ma in un caso Marsala ha certificato come De.Co. un prodotto che rappresenta un pezzo di identità non soltanto di questo comune ma dell’intera provincia di Trapani: la Rianata. Il termine dialettale già nella definizione segnala la forte presenza dell’origano, il quale concorre con l’acciuga a dare sapore potente e caratteristico a questa tipologia di pizza.
La denominazione registrata dal comune marsalese è specifica, Rianata Lilybetana, riservata alla Pizza Siciliana rispondente a requisiti elencati da un disciplinare. Nel quale si legge che “in Sicilia vi sono diverse varianti di pizza, collegate alla tradizione culinaria rurale. E così, nel trapanese è diffusa la Rianata o origanata , che prende il nome dalla grande quantità di origano con cui si condisce. In questa pizza, tipicamente siciliana, troviamo tante tipicità della cucina marsalese, dalla salsa di pomodoro, alla pasta lievitata, alle sarde salate, all’origano, al pecorino siciliano e dall’olio extra vergine di oliva, che le conferiscono un sapore unico e delle ottime qualità nutrizionali e salutistiche. Settimanalmente nel marsalese, la pasta del pane che rimaneva inutilizzata, veniva usata dalle massaie per la preparazione della rianata, utilizzando la stessa salsa finita di cuocere che si utilizza per condire la pasta. Nasce proprio nella cucina contadina, che per variare la solita pietanza, rappresentata da pani schittu (pane senza alcun condimento), nella ricorrenza festiva presentava in tavola un piatto adatto a quel momento”.
Consumata oggi prevalentemente come cibo da asporto, la si trova soprattutto nei panifici. Man mano che ci si sposta da una parte all’altra del trapanese, si riscontrano alcune variazioni: riguardano l’altezza dell’impasto e la sua consistenza più o meno soffice, la forma, la cottura.
Quasi sempre consumata al taglio, sporadicamente la si può trovare nel menu di qualche pizzeria.
Ne abbiamo provata un’eccellente versione al panificio Bernardo di Trapani, in via Ammiraglio Staiti 91: qui ci siamo fatti raccontare questo succulento prodotto che qualcuno confonde con lo sfincione palermitano, ma la cui differenza viene puntualizzata dai panificatori trapanesi.
Info: www.comune.marsala.tp.it
Gli Antichi Sapori a Trapani sanno di mare e pesce fresco
La ristorazione media popolare a Trapani è ricchissima di offerte e regala sempre qualche soddisfazione. Colpisce positivamente che anche i ristoratori vocati soprattutto a fare grandi numeri non trascurino del tutto i riferimenti alle basi culturali su cui si fonda la cucina locale.
Di ciò è perfetta incarnazione il ristorante Gli Antichi Sapori che si trova in corso Vittorio Emanuele, al numero 191.
Solitamente affollato, anche grazie al buon rapporto qualità-prezzo, non consente al servizio di trattenersi a lungo con i clienti, riuscendo comunque a fornire le informazioni richieste sulle pietanze proposte.
Qui il giro di antipasti è inevitabile e perfino auspicabile, per la varietà di assaggi che consente.
Le polpette di sarde sono delicatamente aromatizzate dalla menta che rinfresca l’acidità del pomodoro.
Rendono tanto con la frittura i lattarini e i ciuffetti, davvero buoni.
Così come convincono le frittelle di baccalà.
Eccezionale invece il polpo alla pantesca, con l’aceto che lo fa esplodere di sapore.
I gamberi rossi locali sono un alito di mare.
Le bruschette sostengono un pesto trapanese rustico e corretto.
Merito del pane locale, fragrante e consistente come si pretende da un prodotto da forno siciliano.
Venendo ai piatti più consistenti, il tonno allardiato esibisce una freschezza che si adagia sulla carnosità del pesce: peccato per un po’ di sale di troppo.
I gestori vantano tanto il cous cous della casa, qui orgogliosamente ricondotto alla definizione locale di cùscusu: ammirevole il tentativo di approfondimento culturale, ma il risultato nel piatto non è del tutto all’altezza delle aspettative generate. E’ un cous cous nella media: piuttosto anonima l’incocciatura, mentre è ammirevole la ricchezza del pesce che lo accompagna così come buona è l’idea di tenere separati gli ingredienti principali.
Pasto accompagnato con due vini delle Cantine Rallo di Marsala.
Al Quasar è uno Zibibbo secco con profumi bilanciati, molto minerale, dall’abboccato gradevole quanto moderato.
Evrò è Insolia in purezza: vino perfetto, per l’equilibrio in cui tiene mineralità e acidità; i suoi profumi sono densi e alla bocca è eccitante.
Il ristorante ha anche un’area shop che funziona pure on line: vi si può accedere dal sito del locale.
Info: www.antichisaporitrapani.it
Alla Taverna Paradiso di Trapani, dove l’aragosta è di casa
E’ stato il nostro agognato approdo nell’estenuante ricerca di un ristorante che a Trapani e dintorni proponesse l’aragosta delle Egadi nello scorso mese di giugno. Un mese in cui il crostaceo simbolo del mare trapanese sembrava inspiegabilmente sparito dalle tavole dei ristoranti della zona, perfino da quelle dei locali delle stesse Egadi, mentre si poteva trovare regolarmente sui banchi della pescheria di Trapani.
Soltanto la Taverna Paradiso ci ha risposto di avere questa particolare aragosta autoctona regolarmente in carta. Abbiamo così raggiunto il locale al numero 22 del Lungomare Dante Alighieri, riscontrando subito quanto siano fasulle certe dicerie. Qualcuno vorrebbe infatti farlo passare per un locale snob per clientela altolocata, invece abbiamo trovato un signor ristorante ricco di cultura culinaria e di clienti di ogni tipo.
Una volta chiesto di mettere in cottura la tanto desiderata aragosta delle Egadi, giunge in tavola un ottimo tortino di gamberi, in cui il cous cous compattato permettere di cogliere l’intenso sapore del brodetto.
I crudi di tonno invece non risplendono della consueta freschezza…
… anche a causa di un eccessivo abbattimento della temperatura che non ha consentito di gustare la tartare di tonno con la dovuta elasticità della carne e la doverosa fragranza.
Entra in pompa magna una delle più importanti ricette identitarie delle cucina trapanese, colpevolmente trascurata dagli altri locali, forse per il timore di non essere all’altezza di proporla come si deve: la zuppa di aragosta con gli spaghetti rotti. Preparazione tipica di Marettimo, è una delle più strepitose squisitezze che si possano provare al mondo.
La carne dell’aragosta cede briciole di grumosa consistenza al brodo, il quale si accende di un gusto sublime. La pasta spezzata è perfetta per accompagnarsi alla carne solidamente sublime del crostaceo.
Magnifica la mano dello chef Francesco Curatolo, della quale si sono inevitabilmente accorti anche all’estero, tanto da avercelo nel frattempo rubato con destinazione Stati Uniti.
Non meno felice la cura artigianale di chi realizza i dolci, un componente della famiglia Bellezza, nota famiglia di pasticceri trapanesi.
La torta con crema chantilly è di una sofficità da applausi. Ottimo anche il profitterol.
Sul fronte del vino, abbiamo apprezzato un Grillo in purezza di Franca Alba Abate, chiamato Achiana, termine dialettale con cui “da bambini chiamavamo la campagna dove oggi sorgono le nostre vigne”, come si legge sull’etichetta. Ha buon equilibrio, tra il melone giallo che sfiora il naso e la sua piacevole marmellata che si sparge in bocca.
In chiusura di pasto, abbiamo approfittato dell’ultimo periodo di lavoro in Italia di Francesco Curatolo per chiedergli dei rimandi della sua cucina: con nostra gradevole sorpresa, il giovane cuoco destinato all’olimpo culinario internazionale ha dichiarato il suo profondo amore per la tradizione, individuando nella semplicità la primaria fonte di ispirazione, insieme agli insegnamenti dei vecchi componenti della sua famiglia, tra cui annovera anche il celeberrimo pasticcere Russo.
Ecco le sue parole.