Specialmente a… Venezia: luoghi insoliti da scoprire
Saremmo ridondanti se (ri)elencassimo la lista infinita di Musei e Beni Culturali, cui aggiungere il pullulare di mostre e iniziative estemporanee o cicliche, come la Biennale di Venezia in celebrazione nel 2013.
L’ultima edizione della Biennale Arte, pur dovendo vellicare i cerebralismi della parte più settaria dei cultori dell’arte contemporanea, si umanizza nei padiglioni gestiti dalle singole nazioni, soprattutto quelli dei Paesi in via di sviluppo: non ancora affetti dal morbo del consumismo virulento, anche nelle arti mantengono un fitto legame con il mondo reale, dialogando con la natura e le tradizioni senza intellettualismi schizzinosi.
Ne è stato un perfetto esempio l’allestimento dell’Istituto Italo-Latino Americano, El Atlas del Imperio, curato da Alfons Hug con l’aggiunta di Paz Guevara: pochi fronzoli astrusi, focus sulla materia autoctona, tante immagini dal taglio documentario dei Paesi rappresentati.
Anche per i luoghi di cultura però è estremamente appagante spingersi a cercare i meno istituzionali, come uno dei più bizzarri luoghi di culto per bibliofili in cui ci si possa imbattere, la libreria Acqua Alta, in Sestiere Castello 5176. Qui i libri potrete trovarli raccolti anche dentro una gondola, oppure accatastati per formare una scala che permetta di guardare il canale sul quale il negozio si affaccia.
L’allestimento è frutto del lucido delirio di colui che la gestisce, Luigi Frizzo.
Tra i pilastri della cultura veneziana, ci manca da citare il teatro. L’esperienza che più colpisce per il legame con il territorio e il culto filologico per la tradizione teatrale autoctona, è quella messa in atto da Pantakin. Nata nel 1995 come compagnia di teatro popolare, da sempre si impegna per coltivare la tradizione della Commedia dell’Arte e del teatro di maschera: diversi loro spettacoli sono basati su autentici canovacci del ’600 da loro riportati a nuova vita (Info: www.pantakin.it). Una realtà viva e coraggiosa, come si può cogliere dalle parole di una delle sue anime, Michele Modesto Casarin.
Proprio Pantakin ci aiuta a introdurre, dulcis in fundo, quella che per alcuni è la più potente quanto misconosciuta ragione per andare a Venezia, se si conoscono i posti giusti: l’enogastronomia. La compagnia, nei suoi spettacoli, inserisce un pezzo tratto da un canovaccio di commedia dell’arte in cui Arlecchino, di solito perennemente affamato, discetta sull’autentica ricetta per cucinare il folpo alla veneziana.