A tavola a fine ’800, tra l’America e lo Statuto Albertino
Il pannello presenta due menu, serviti rispettivamente a bordo di una Unità della XI Divisione della Squadra Permamente il 30 Dicembre 1894 e su una Unità o un Comando a terra, non specificati, in data 6 Giugno 1897, in occasione della festa dello Statuto.
Per quanto riguarda il primo menu, occorre ricordare come negli ultimi due decenni del 1800, l’emigrazione italiana in America latina fosse sempre più consistente, soprattutto verso l’Argentina e il Brasile. La stessa Argentina figurava in quegli anni all’ottavo posto nelle esportazioni italiane e al secondo dopo gli Stati Uniti e il Canada, tra i paesi extra-europei.
Questo fu anche uno dei motivi che giustificò la necessità di avere una Divisione Navale nelle Americhe, insieme ad altre Nazioni, anche per una partecipazione diretta delle nostre Navi alle grandi celebrazioni di quegli anni.
Così, nel 1892, la Regia Nave Bausan fu a New York per l’inaugurazione del monumento a Cristoforo Colombo e per le feste colombiane celebrate negli Stati Uniti l’anno seguente.
Nel 1893, la Divisione operò in Brasile, a seguito delle note vicende politiche che avevano portato all’abdicazione dell’imperatore Pietro II e alla costituzione della Repubblica. Tali avvenimenti provocarono, nel 1893, una rivolta della flotta brasiliana e la costituzione di una Squadra navale internazionale, di cui assunse il comando l’ammiraglio Giovanni Battista Magnaghi, Comandante della nostra Divisione Navale. E proprio sulla Nave di Bandiera si svolse il pranzo qui riportato, servito nel porto di Spezia alla vigilia del Capodanno 1895, quindi poco dopo i fatti storici sopra riportati.
Il secondo menu riporta una colazione servita in occasione della Festa dello Statuto, il 6 Giugno 1897.
Lo Statuto del Regno, noto come Statuto Albertino dal nome del re che lo promulgò, Carlo Alberto di Savoia, fu la costituzione adottata dal Regno sardo-piemontese il 4 marzo 1848 a Torino. Nel preambolo autografo dello stesso Carlo Alberto, viene definito come Legge fondamentale perpetua ed irrevocabile della Monarchia sabauda. Il 17 marzo 1861, con la fondazione del Regno d’Italia, divenne la carta fondamentale della nuova Italia unita e rimase formalmente tale fino al biennio 1944-1946 quando, con successivi decreti legislativi, fu adottato un regime costituzionale transitorio, valido fino all’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana, il 1 gennaio 1948. Lo Statuto Albertino, nonostante non abbia natura di fonte legislativa sovraordinata alla legge ordinaria, può essere considerato a tutti gli effetti un primo esempio di Costituzione breve.
La festa dello Statuto fu celebrata per la prima volta il 27 febbraio 1848, dopo che lo Statuto era stato annunciato l’8 febbraio, ma non ancora proclamato. Già festa nazionale del Regno di Sardegna, fu spostata alla prima Domenica di Giugno e fu estesa alle altre regioni in seguito alle annessioni. Inizialmente, era una festa liberale e vi furono incidenti perché si voleva celebrarla anche nelle chiese, con il canto del Te Deum, ma i Vescovi si opposero e per questo furono a volte condannati. Dopo la conquista di Roma, gradualmente la festa dello Statuto assunse il significato di festa della Monarchia. Da notare che, in occasione di questa colazione, era presente proprio l’Ammiraglio Magnaghi, come risulta dalla sua firma, riportata sul retro del menu.
Dal punto di vista prettamente gastronomico, si può notare che entrambi i menu hanno un punto in comune: il Babà servito come dessert, uno semplice ed uno all’anisetta, elemento questo che ci fa capire come questo dolce fosse molto diffuso ed apprezzato all’epoca, anche a bordo.
Il babà o babbà, è un dolce da forno a pasta lievitata con lievito di birra, tipico della pasticceria napoletana. E’ una derivazione di un dolce a lievitazione naturale, originario della Polonia (babka ponczowa). Utilizzato dai cuochi francesi, il baba ha assunto l’accento sulla sillaba finale, mentre i napoletani (come spesso accade) gli hanno raddoppiato la consonante.
L’inventore del babà fu il re Stanislao Leszczyński, suocero di Luigi XV, che si dilettava ad inventare sempre nuovi piatti. Il sovrano pare non potesse mangiare il Kugelhupf, dolce tipico dell’Alsazia, che trovava troppo asciutto. Fu allora bagnato di Tokaj e di sciroppo. La tipica forma a fungo la si deve al celebre pasticciere Nicolas Stohrer, giunto a Parigi con Maria Leszczyńska, fidanzata del sovrano francese. Secondo un’altra versione, faceva ricordare al re la gonna a campana delle donne anziane, che si chiamano babka. Un’altra storia, infine, racconta che il re, dal pessimo carattere, scagliasse il dolce contro una credenza, fracassando una bottiglia di rhum. Questa andò ad inzuppare il dolce e Stanislao allora lo assaggiò, trovandolo…..ottimo!
Il menu del 1897 si apre con la Zuppa reale, un gustoso piatto della cucina bolognese. E’ un minestra costituita da pallottoline, cotte al forno o fritte, simili a piccoli bignè, servite in buon brodo di carne, composte da un impasto di burro, acqua, farina e sale lavorato a caldo, cui poi vengono aggiunte le uova. La minestra viene generalmente servita bollente, arricchita da una manciata di buon parmigiano grattugiato.
Altro piatto tradizionale della cucina bolognese, regina delle minestre in brodo, è la Zuppa imperiale, un impasto cotto al forno o fritto, di uova, burro fuso, semolino e parmigiano reggiano grattugiato, che viene tagliato in cubetti e servito in buon brodo di carne. Entrambe le zuppe venivano preparate nel periodo autunnale-invernale, in occasione delle feste e tutt’ora rappresentano un piatto da gustare nelle occasioni importanti.
Tra i vini serviti, meritano una giusta citazione, nel menu della Festa dello Statuto, il Bianco di Levanto e il Rosso di Biassa. Il Colline di Levanto bianco, è un vino DOC, la cui produzione è consentita nella provincia della Spezia. Di colore giallo paglierino più o meno intenso, di odore delicato, persistente, tendente al fruttato, dal sapore secco, sapido e aromatico. Tra gli abbinamenti consigliati, le frittelle di bianchetti e parmigiano e le spettacolari acciughe in olio extravergine di oliva, aglio e prezzemolo.
Il vino di Biassa, è chiamato anche Oro di Biassa e il paragone con l’oro fu suggerito dal color giallo pallido del grappolo, ma il significato dell’espressione basta ad indicare che è l’uva la regina dei prodotti di quell’arida regione, sempre baciata dal Sole, che si estende dai Tramonti di Biassa, fino all’ultima delle Cinque Terre (Monterosso), in provincia della Spezia.
Il vino di Biassa e delle Cinque Terre – che una volta si chiamava Vernaccia di Corniglia (una delle Cinque Terre), dal nome della località che ne faceva più commercio – accese nei diversi tempi la fantasia dei poeti: Dante l’assaggiò e lo trovò il liquore più adatto a mostrare quanto fosse ghiotto Papa Martino IV, il quale nella Vernaccia metteva la purga per le anguille di Bolsena (Purgatorio, canto XXIV). Ne bevette anche Boccaccio, sorseggiandolo goccia a goccia e lo trovò buono e miracoloso, tanto da farlo usare, com’egli ci racconta in una graziosa novella del Decamerone, a Ghino di Tacco, per far guarire dal mal di stomaco l’abate di Clignì.
Si ringraziano lo Stato Maggiore della Marina Militare e l’Associazione Nazionale Marinai d’Italia (A.N.M.I.).
Info: www.marinaiditalia.com