Terre Nere Campigli Vallone, Brunello e vini espressione della terra di Montalcino
Il vulcano su cui sorge l’attività della cantina è spento, ma il magma della passione arde sempre sull’attività di Terre Nere Campigli Vallone, tracimando vitale su terreni vocatissimi capaci di dare espressioni di rara originalità e fascino al Brunello di Montalcino che nasce nella frazione di Castelnuovo dell’Abate della località che dà il nome al celebre vino.
La storia dell’azienda è avventurosa e istruttiva come certi romanzi di formazione, protagonista Salvatore Vallone per gli amici Toto che è fattore di un’azienda agricola nella campagna palermitana quando sulla spinta della moglie Vincenza si trasferisce in Toscana dopo la nascita dei primi suoi figli.
Una scelta veicolata anche dal cognato che in tempi di guerra “dopo essere sfuggito da un campo di prigionia, fu nascosto e protetto da un donna senese e, innamorandosi perdutamente del territorio, convinse tutta la famigghia a trasferirsi”, comprando una tenuta vicino Radi Pociano dove “iniziarono ad allevare bestiame, fare formaggi e produrre olio e vino da tavola”.
Scomparso troppo presto, Toto è comunque riuscito a trasmettere al resto della famiglia “il legame con la terra e la passione e i suoi insegnamenti per l’agricoltura e la viticoltura”.
Sarà Pasquale Vallone a coltivare gli insegnamenti del padre per l’agricoltura nel casolare di famiglia, per poi entrare in contatto con la realtà montalcinese negli anni della massima espressione del Brunello di Montalcino. Così nella seconda metà degli ’90 con tutta la famiglia (a partire dalla moglie Piera) impianta le prime barbatelle, fino a produrre il primo Brunello di Montalcino Terre Nere nel 2002.
I figli sono Francesca che segue attivamente l’azienda dal 2010 partecipando “ad alcuni corsi di settore, internazionalizzazione di impresa, marketing internazionale vinicolo e corsi enologici”, conducendo l’azienda ad adottare i principi dell’agricoltura biologica, nonché occupandosi del commerciale e del marketing…
… mentre il fratello Federico dal 2018 affianca Pasquale e Francesca oltre a dedicarsi al lato amministrativo aziendale.
Insieme ad altri collaboratori è questa la squadra che coltiva e valorizza un terreno minerale e scuro a Montalcino segnato dalla vicinanza dell’Amiata, vulcano ormai spento da milioni di anni, mettendo a frutto “una superficie di 15 ha a sud sud-est di Montalcino”.
La filosofia aziendale prevede dedizione (“le nostre uve sono accuratamente selezionate manualmente in vigna, quando necessario sono effettuate più vendemmie, in modo da ottenere la perfetta maturazione per ogni piccolo appezzamento di vigna che è vinificato singolarmente”), artigianalità (“la fermentazione avviene in modo spontaneo in tini di acciaio con lieviti indigeni” mentre “lunghe macerazioni con le bucce danno vita al canto dei tini”), tradizione (“botti grandi di Rovere di Slavonia racchiudono i nostri vini per lunghi affinamenti, pochi mesi per il Rosso di Montalcino fino a 48 mesi per la Riserva”), rispetto (“promuoviamo la biodiversità, utilizzando tecniche come la salvaguardia di insetti utili, la pacciamatura, il sovescio, concimazione con letame e utilizzo di prodotti naturali che ci permette di mantenere la relazione con l’habitat circostante”).
Di base, il Brunello di Montalcino della casa è un’esplosione di frutti rossi che permea i sentori olfattivi quanto il gusto, come l’ideale versione di partenza che dipana ammirevolmente ciliegia, lampone e fragola, impreziosendo il tutto con sorprendenti note torbate e ipogee che si innestano su una sublime impronta erbacea, per una beva di fenomenale scorrevolezza.
Il Brunello di Montalcino Riserva 2016 vira su una maggiore concentrazione del frutto, come volesse evidenziare i singoli descrittori e rendere più materico ogni sapore, così la ciliegia di prima muta in amarena sotto spirito, l’erbaceo assume spunti balsamici e il corredo sensoriale si arricchisce di chiodi di garofano e cioccolato fondente.
Sontuoso il sorso, infinito il finale.
Da colpo di fulmine l’incontro con il favoloso Brunello di Montalcino Capriolo, partendo dal classico bouquet di bosco innervato dall’atmosfera dell’ambiente di rovo, del quale in bocca si ritrova proprio la mora, insieme a marasca, corbezzolo, lampone e cioccolato modicano.
Incanta il bilanciamento di note zuccherine ed erbacee, nel quale si inserisce uno spunto amaricante che amplifica l’originalità del sorso.
Dal corpo importante, nel finale ci si lascia trasportare da un effluvio di estesa complessità.
Imperdibili altre due referenze basate come le altre sulla piena espressione del Sangiovese grosso.
Il Rosso di Montalcino riconduce alla pura essenza del frutto esaltato da una freschezza irresistibile nel valorizzare un bouquet silvestre e gusti che spaziano dalla fragolina di bosco al mirtillo passando per il ribes rosso.
Ci si innamora perdutamente infine del Ribelle con la sua favolosa complessità olfattiva boschiva quasi selvatica cha richiama il fogliame come il muschio, mentre in bocca alla consueta mora di rovo si affiancano barbabietola, susina rossa e carruba.
Magnificamente setoso, irretisce con il suo delicato carattere zuccherino, esprimendo una beva di rara seduzione.
A Francesca Vallone che sempre di più sta imprimendo la propria firma su tale progetto enoico abbiamo chiesto tutti i particolari per comprendere ancora con maggiore profondità dinamiche ed esiti della cantina: la sua esposizione la troviamo nel video seguente.
Info: https://terreneremontalcino.it/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/terre-nere/