Tharros, area archeologica millenaria nel Sinis (Cabras) in un paradiso sardo
Una delle più lampanti dimostrazioni della ricerca della Bellezza da parte dei popoli antichi, una tensione vitale che li portava alla costante ricerca di luoghi da togliere il fiato anche quando si trattava di fondare località in cui vivere la quotidianità, come Tharros, oggi estesa ed emozionante area archeologica situata al culmine della stupenda Penisola del Sinis, nel territorio del comune di Cabras, al centro della costa occidentale della Sardegna.
E’ così importante questo sito nel panorama culturale della regione da avere meritato un sito Internet tutto per sé in cui narrare nei dettagli questo antico insediamento che “sorge all’estremità della penisola del Sinis, si dispiega nel golfo di Oristano su una sorta di anfiteatro naturale delimitato a Nord dalla collina di Su Murru Mannu, a Ovest da quella della torre di San Giovanni e a Sud dall’istmo che collega quest’ultima al promontorio di Capo San Marco”.
Un triangolo di bellezze naturali inenarrabili che videro sorgere Tharros “verso la fine dell’VIII secolo a.C.”, anche se “venne abbandonata attorno all’anno 1050 d.C. per dare origine ad Aristiane, l’attuale Oristano”.
A porre le fondamenta della località è stata l’immensa civiltà dei Fenici, i quali scelsero “un’area già frequentata in età nuragica”.
Lo studio della primordiale vita di Tharros ha richiesto parecchi sforzi a storici e archeologi, le cui ricostruzioni si basano su “alcune testimonianze di ambito funerario e votivo”, tra cui il suggestivo tofet che rappresentava “il tipico santuario fenicio-punico a cielo aperto, circondato da un recinto sacro e contenente le urne, con i resti incinerati dei bambini morti in tenerissima età e degli animali sacrificati, e le stele, veri e propri signacoli in pietra con il simbolo o l’immagine della divinità posta su un trono o all’interno di un tempietto in miniatura”.
I resti rinvenuti sui Colli di San Giovanni e di Su Murru Mannu hanno permesso di ipotizzare la monumentalizzazione della città così come la costruzione di numerosi edifici nel “periodo compreso tra la fine del VI secolo e il 238 a.C., anno della conquista romana dell’isola”.
Tra gli elementi ancora oggi in maggiore evidenza ci sono “l’imponente cinta fortificata che chiude la città da possibili attacchi da terra e da mare”, una “torre o comunque una struttura fortificata” e “un importante quartiere artigianale specializzato nella lavorazione del ferro” dal quale è stato possibile desumere come l’attività metallurgica già a quel tempo mostrasse “un alto livello nelle conoscenze tecniche da parte degli artigiani tharrensi che erano in grado di raggiungere temperature molto elevate”.
Dobbiamo certamente alla dominazione romana un’imponente risistemazione urbanistica della quale oggi sono ancora visibili strade dotate di una pavimentazione in basalto, un sistema fognario molto articolato, numerosi edifici pubblici monumentali, impianti termali, l’acquedotto, tombe ad inumazione e a incinerazione.
Di età paleocristiana e altomedievale invece importanti modifiche alle principali strutture.
A rendere ardue le interpretazioni degli studiosi è “il continuo spoglio delle strutture antiche, perpetrato per secoli” che “ha notevolmente pregiudicato la ricostruzione di questa fase tarda della storia del centro”, sebbene sia consolidato il pensiero di “una lenta decadenza, dovuta anche alle incursioni dei Saraceni, e di un progressivo spopolamento” che porterà alla fine della città nell’anno Mille.
Il percorso di visita è di rara suggestione, poiché l’ampiezza del sito induce nella visita ai medesimi tempi rilassati della meditazione, in cui l’osservazione muove dagli spunti empirici di Lucrezio sul dominio anche emotivo dell’elemento naturale, per poi arricchirsi di complessità e profondità, man mano che scorrono davanti allo sguardo interpretazioni remote e applicazioni ancestrali del limine mortis e delle sue estreme conseguenze, ma anche il trionfo positivo della volontà dell’Uomo capace di lasciare tracce perenni del proprio genio sensibile, in un dialogo atemporale da dipanare nei millenni.
L’assenza di pannelli rende indispensabile avvalersi delle guide, tutte preparatissime e motivate, in quanto brillanti menti del posto che avvertono potente il richiamo identitario di tale concentrato di storia antropica.
Info: https://www.tharros.sardegna.it/