Da Tinchitè a Cefalù (PA), per provare l’antica tipica Pasta a Taianu
Avreste dovuto vedere come si è illuminato lo sguardo di un giovane componente del personale del Tinchitè quando gli ho chiesto della Pasta a Taianu, sintomo di quanto nel locale siano orgogliosi di promuovere questa gloria della cucina del posto: era pomeriggio, il ristorante sarebbe dovuto essere chiuso e lui in pausa, ma il ragazzo con vero grande entusiasmo mi ha fatto entrare lo stesso, per raccontarmi le peculiarità di questa pietanza identitaria di Cefalù, in provincia di Palermo. “Quelli sono i cocci dentro cui serviamo la Pasta a Taianu, come da tradizione” mi dice, indicandomi una pila di tegami di terracotta da cui la ricetta prende il nome.
Infatti questa antica preparazione tipica di Cefalù prende il suo nome dal termine arabo taio che indica “un recipiente di terracotta usato per la cottura della pasta”, come spiega l’esaustivo e molto ben redatto menu del locale, impaginato come un giornale tutto da sfogliare e da leggere, tanto è ricco di informazioni sui piatti.
Le note aggiungono che il piatto tradizionalmente viene preparato dalle famiglie per la festa del santo patrono Santissimo Salvatore, dal 4 al 6 agosto, ma è celebrato anche a Ferragosto, oltre a essere omaggiato da una sagra a esso interamente dedicata che si svolge in città sempre in agosto.
Dalle parole scritte del locale si apprende che la sua caratteristica principale è “la stratificazione della pasta, alternando ripiani di carne, a lungo cotta nel pomodoro e sfilacciata a mano, di melanzane prima fritte e poi anch’esse sfilacciate, il pecorino e abbondante basilico fresco”.
Naturalmente ogni famiglia nel corso del tempo ha fatto propria la ricetta e introdotto le proprie personalizzazioni, quindi non tutti seguono la regola dei due tagli di carne previsti in origine, di manzo e di agnello, mentre altre modifiche riguardano il tipo di formaggio usato (Tinchitè usa la ricotta salata e il risultato al palato gli dà ragione) e il formato della pasta (secondo alcuni andrebbe usata quella lunga), nonché la cottura che difficilmente avviene ancora dentro il coccio stesso, con fuoco a legna e carboni ardenti posti sul coperchio.
A Cefalù però qualche ristorante esagera, arrivando a fare delle rivisitazioni del piatto che lo snaturano del tutto. A sorprendere, negativamente, è che sono rimasti in pochissimi i locali della città che mettono ancora in menu la Pasta a Taianu, un segnale di omologazione turistica di una parte significativa della ristorazione locale che svilisce l’identità culturale del luogo.
Per questo va un plauso ancora più caloroso al Tinchitè che invece fa di questa ricetta un suo vanto, proponendola in una versione credibile e rispettosa della tradizione, pur con le sue inevitabili modernizzazioni.
Al di là degli aspetti filologici, la Pasta a Taianu del locale è una pietanza sontuosa, una delle più buone mai mangiate. Affascina che venga servita nel coccio, sorprende la sua ricchezza debordante che ne fa un piatto unico, tanto sazia e appaga: i tortiglioni sono cotti al dente, il sugo è golosissimo, la carne eccellente per consistenza e sapore, le melanzane perfette e la ricotta salata un tocco che rende ancora più ghiotto il tutto. Un piatto strepitoso che vale il viaggio e va provato almeno una volta nella vita.
Il ristorante offre anche molto altro, puntando parecchio sulla carne con un’ottima offerta di tagli, ma senza dimenticare che si trova in una località di mare e che quindi le specialità ittiche sono immancabili, come il buon pesce spada che abbiamo provato alla griglia.
Molto saporite le verdure alla griglia, un trionfo di sapore mediterraneo e di terra buona.
Verdure che si trovano anche esposte nel locale, in bella mostra con tutti i loro colori squillanti.
Per accompagnare il pasto, non potevamo non provare la birra artigianale siciliana a fermentazione naturale Troppo Bella, una pale ale prodotta dai proprietari dello stesso locale con il marchio Serio1952, con impianto manuale e fuoco diretto, non filtrata e rifermentata in bottiglia, la cui fragranza aromatica è contrassegnata dal contributo sensoriale di grani antichi siciliani, luppoli tedeschi, agrumi (arancia e limone), bucce di mandarino, bacche di sommacco e pepe rosa.
Il locale, incastonato tra i vicoli di Cefalù in via XXV Novembre 37/39, tiene fede al suo nome, visto che in dialetto siciliano “a tinchitè” vuol dire “a più non posso”, esprimendo il concetto di abbondanza in maniera gioiosa.
Ma oltre la quantità ci è parso di ravvisare una grande attenzione alla qualità, con cui il locale tiene fede alla sua dichiarata missione di “custodire i valori della cucina siciliana”, soprattutto “quella della nonna”.
Nel video sottostante, abbiamo catturato visivamente l’atmosfera e i sapori del locale.
Info: https://www.tavernatinchite.com/