Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu, monumento millenario ad Arzachena (SS)
Il percorso immerso nella natura che introduce all’area archeologica assume i connotati di un viatico meditativo, preparando alla visione di un memento mori megalitico antico di millenni ma ancora capace di parlare ai viventi nel loro distratto divenire: richiama all’introspezione e al rispetto della memoria una visita alla Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu, perché la solennità della pietra si staglia nella sensibilità dell’osservatore offrendo un’esperienza intellettuale di rara potenza evocativa.
Siamo nel cuore della Gallura, nel territorio di Arzachena, in provincia di Sassari, nella zona nord-orientale della Sardegna, come dimostra il carattere botanico della natura che avviluppa rigogliosa il monumento.
Sul sito ufficiale del Ministero per i beni e le attività culturali si illustra la suggestiva tomba dei giganti di Coddu Vecchiu “situata alle falde di un’area collinare” come “una delle meglio conservate della zona”: rappresenta l’esito “di due distinte fasi costruttive: nell’età del Bronzo Medio (1600-1400 a.C. circa) fu aggiunta l’esedra ad una precedente tomba megalitica del tipo a galleria, risalente all’età del Bronzo Antico (1800-1600 a.C. circa), trasformando così la struttura in una tomba di giganti”.
La struttura si articola pertanto “nel prospetto principale semicircolare (esedra) e nella camera funeraria”, mentre “l’esedra è costituita da una serie di lastre di pietra, infisse verticalmente nel terreno (ortostati) e di altezza digradante verso i lati che delimitavano lo spazio cerimoniale” e “al centro svetta una grande stele centinata (ossia arcuata nella parte superiore), la più alta sinora rinvenuta in Sardegna (m.4,40)”.
Tale stele è ovviamente il punto sul quale maggiormente si concentra l’attenzione del visitatore, per le sue notevoli dimensioni davanti alle quali si avverte quanto sia piccolo l’Uomo davanti al mistero della morte, per le forme geometriche e la musicalità dei volumi concentrici che assumono valore di arte sacra, ma anche per quella proiezione verso l’alto che testimonia l’atavica esigenza di guardare verso l’alloggio del divino.
Senza dimenticare che gli studiosi hanno accertato quanto il culto degli antenati fosse “di grande importanza nella civiltà nuragica”, come riportato nel pannello che introduce al sito.
A rendere iconica la stele, il suo essere “formata da due lastre sovrapposte, entrambe ornate da una cornice a rilievo piatto e presenta nella parte inferiore un portello che si apre sul corridoio tombale”.
L’ordito architettonico prevede che tutti gli ortostati siano “sostenuti posteriormente da una muratura con andamento arcuato che lega l’esedra all’antica tomba a galleria”.
La camera funeraria ha invece sagoma rettangolare ed “è realizzata internamente con blocchi di granito infissi a coltello; sopra di essi posano i filari di blocchi che a loro volta sostengono i lastroni di copertura della tomba”.
La società cui è affidata la gestone del sito, la Ge.Se.Co. di Arzachena, sullo spazio web dedicato al monumento (https://www.gesecoarzachena.it/?page_id=1246) ipotizza che esso potesse accogliere “i defunti del vicino villaggio di La Prisgiona”, aggiungendo che il citato piccolo portello alla base “serviva probabilmente per deporre delle offerte all’interno della tomba”, mentre “l’inumazione dei defunti avveniva presumibilmente dall’alto, mediante la rimozione di una delle lastre di copertura del corridoio”.
Viene notato che “il corpo tombale venne incluso in un grande tumulo di terra e pietrame”, delimitando “anche lo spazio cerimoniale dove si svolgevano riti in onore degli antenati che prevedevano delle offerte, come testimoniano i numerosi recipienti ceramici ritrovati in quest’area”.
A questo punto si può comprendere la funzione delle tombe di giganti quali “grandi sepolcri collettivi risalenti all’epoca nuragica”, diffusi in tutta la Sardegna durante l’età del bronzo: “se ne conoscono al momento circa 800 di diverse tipologie costruttive, ma il loro numero doveva essere molto maggiore”.
La definizione tomba dei giganti “è il nome popolare con cui si indicavano tali strutture, per via delle loro grandi dimensioni”.
Certamente testimoniano la profondità spirituale della civiltà nuragica, trasmettendo la sensazione di comunità dedite al rispetto della persona e al culto della memoria. Radici antichissime che costituiscono le fondamenta del genius loci di ogni area della Sardegna in cui si rivengono tali vestigia litiche.
L’aspetto imperioso e la morfologia che appare foriera di simbolismi ha alimentato notizie false e interpretazioni risibili tese ad affibbiare al monumento significati privi di fondamento al solo fine di fare presa sulla suggestionabilità degli incolti, come viene segnalato dalla stessa Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro che cura scrupolosamente non soltanto la tutela del sito ma anche la corretta divulgazione storica che lo riguarda. Dalla Soprintendenza siamo stati utilmente informati che “da qualche tempo sulla civiltà nuragica e segnatamente su alcuni monumenti, circolano sui media inaccettabili fantasie diffuse da dilettanti di vario genere; in particolare sulle sepolture collettive denominate tombe di giganti si favoleggia di energie non meglio identificate che avrebbero poteri terapeutici”.
Oggi le si definirebbe fake news, per correggere le quali in un apposito ufficio della Soprintendenza viene messo a disposizione un funzionario per fornire corretta consulenza storica e archeologica.
Invece l’attività di indagine scientifica degli studiosi su tali monumenti non è affatto sopita, poiché le alterazioni dovute ai millenni e l’assenza di documentazione rende difficile fissarne con certezza gli ambiti speculativi.
Massimo Pallottino in La Sardegna nuragica (Ilisso, Nuoro, 2000) lega ancora più strettamente la vicenda cronologica e culturale dei nuraghi a quella delle tombe di giganti “simili nella struttura e nei corredi”, individuando “confronti con le naus e gli ipogei a camera allungata di Maiorca e Minorca, le sepolture semiipogeiche della Provenza e i sepolcri a corridoio orientalizzanti dell’Etruria”.
In una tesi di laurea per il Corso di Laurea Magistrale in Archeologia e Scienze dell’Antichità della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Sassari, affrontando Aspetti e problematiche del rituale funerario di età nuragica, Isabella Atzeni sintetizza così il fenomeno: “le tombe di giganti sono monumenti megalitici esclusivi della Sardegna; sono il risultato ultimo di una maturata evoluzione dell’architettura funeraria, cominciata nell’aspetto culturale di Ozieri con i dolmen e continuata nella facies Bonnanaro dalle allées couvertes”. A tal proposito riporta una significativa riflessione vergata nel 1912 dallo storico delle religioni Raffaele Petazzoni nel suo La religione primitiva in Sardegna: “i sardi primitivi ebbero certo dei miti propri, ma nell’assenza di ogni tradizione indigena, sia orale che figurata, vien meno ogni possibilità di penetrare direttamente nel pensiero mitico proto sardo, come pure rintracciarne le reliquie per entro al folklore odierno”.
Non va però dimenticato che l’archeologo Giovanni Lilliu, ritenuto il massimo esperto della civiltà nuragica, non mancò di attribuire fascino epico alle tombe di giganti, in quanto “l’immagine di eroi dormienti” era evocata “dal carattere delle tombe, a deposizione collettiva, con numerosi defunti”, tanto che “in ogni sepoltura megalitica dormiva una piccola comunità, un piccolo popolo” (La civiltà dei Sardi, dal neolitico all’età dei nuraghi , ERI, Torino, 1980. p. 338).
Nel video che segue, le immagini che abbiamo realizzato in questo sito.
Info: http://musei.beniculturali.it/musei?mid=450&nome=tomba-dei-giganti-di-coddu-vecchiu
Immagini della Tomba dei Giganti di Coddu Vecchiu, Arzachena (SS) su concessione del Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro.
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