Trattoria U Ricriju a Siderno, il gusto estremo della tradizione calabrese
La radicalità di questo locale è talmente estrema da potere risultare persino urticante, ma se vi armerete di pazienza e determinazione a fare l’esperienza che esso offre, ne uscirete arricchiti culturalmente e umanamente, perché la Trattoria U Ricriju, in via circonvallazione Nord 173 a Siderno Marina, in provincia di Reggio Calabria, rappresenta una delle esperienze di ristorazione colta più singolari di tutta Italia.
Il primo scoglio è la selezione all’ingresso: il titolare Francesco Trichilo pretende che si invii una richiesta di prenotazione via sms, per fare una verifica su chi stia richiedendo di accedere alla sua tavola. Può sembrare un atto fastidioso, invece si tratta di una più che legittima difesa contro l’ignoranza dilagante dei clienti, soprattutto di quelli che starnazzano commenti ridicoli su quel ricettacolo di idiozia collettiva che è il becero TripAdvisor. Se Trichilo individua un aspirante cliente che abbia già balbettato stupidaggini social sul suo ristorante, questi non sarà più gradito.
Vista l’elevatissima qualità di materie prime e cotture della trattoria, un commento negativo su essa può dipendere unicamente dall’analfabetismo culinario: non è semplice infatti per un incolto comprendere appieno il profondo significato di un’offerta gastronomica incentrata su erbe spontanee e cibi poveri, oltre all’insofferenza che in alcuni crea la presenza del menu fisso.
Eppure entrambi questi aspetti appartengono alla filosofia di Trichilo.
Egli ha voluto recuperare la cucina ancestrale sedimentata nei suoi ricordi infantili, quando in tavola c’erano soltanto i prodotti selvatici che il territorio offriva, verdure e radici in primo luogo, con aggiunta di legumi e qualche ortaggio. Oggi qualcuno fa lo schizzinoso di fronte a questi alimenti, mentre allora si benediceva il cielo quando erano ciò che consentiva la sopravvivenza. Pertanto in questo modo Trichilo opera un racconto antropologico preziosissimo che ha la stessa dignità di un reperto archeologico o di un museo storico.
Allo stesso modo il menu è fisso perché il pasto qui ha la cadenza di un’intensa rappresentazione teatrale: c’è un narratore, lo stesso gestore, il quale racconta la storia di ogni prodotto servito e il suo valore sociologico, evocando tempi andati con grande capacità di comunicazione. Segue quindi la scansione dei piatti, con tempi che echeggiano rituali secolari.
Per giungere all’epilogo rappresentato da un’esibizione musicale in cui sempre Trichilo si produce in antichi canti regionali, in dialetto stretto, suonando strumenti ormai scomparsi come la chitarra calabrese.
Nessuno si sognerebbe di andare a teatro e chiedere alla compagnia recitante di cambiare il testo e la regia dello spettacolo che sta mettendo in scena, allora perché il titolare di questa trattoria dovrebbe consentire di cambiare il proprio menu ordinando qualcosa di diverso rispetto al racconto gastronomico pensato per quella sera?
Anche perché si parla di ben venti portate circa, quindi esiste la certezza di uscire sazi da una cena qui.
Già il pane che ti dà il benvenuto chiarisce gli intenti della trattoria: è di grano duro macinato a pietra, fatto col lievito madre, quindi si può immaginarne la fragranza.
Su fette di questo pane affiancate da friselle si adagiano pomodori o peperoni.
Salumi e formaggi sono ben rappresentati.
La ‘nduja è alla maniera jonica, quindi meno piccante e più delicata.
Il formaggio è da un misto di latte vaccino e ovino, avvolto nelle felci, fatto maturare sotto terra. Pura poesia casearia.
Il capicollo di filetto di Suino nero di Calabria spande profumi animali e sfodera un gusto equilibrato che conquista.
Particolari le zucchine cotte in aceto, a freddo.
Meravigliosa la ricotta, tra le più buone mai mangiate.
Imperdibile il mais, tenuto in acqua e sale per un giorno e mezzo, poi cotto con tutte le foglie che si abbrustoliscono progressivamente, liberando un sapore dolcissimo.
Gran piatto di golosità quello che segue.
Buone e perfette le melanzane ripiene, meno esaltanti le zucchine ripiene e le frittele di patate che però affascinano perché sono preparate come una volta, quindi molto soffici dentro.
Ghiotte le croccantissime zeppole con impasto di farina e patate bollite, fritte a bassa temperatura, impreziosite dalle alici.
La Parmigiana, poco sapida e con una punta di amaro troppo presente, non ha convinto il nostro palato, mentre si è rivelata una vera squisitezza la Cucuzzata ca trimma, cime di zucchina in cui viene buttato in mezzo un uovo girato a caldo, con aggiunta di formaggio.
Ottime le cicerchie con un condimento dall’originale effetto balsamico.
La missione culturale di Trichilo si esplicita con i Ceci neri che ha recuperato personalmente, rimettendoli in produzione.
Sono cucinati nei cocci e poi soffritti.
Una volta si mangiavano con le mani, magari nei campi, come energizzante, visto che contengono tantissimo ferro.
Nomen omen per la Crema bruciata, visto che viene realmente incendiata una volta servita.
Dolce strepitoso scaturito da un uovo e latte di capra.
Per accompagnare il pasto, bisogna abbandonare certe abitudini consolidate e aderire agli usi locali, quindi mischiando l’onesto vino della casa con la Gassosa Gioietta, prodotta nella vicina Gioiosa Ionica.
Nel video che segue abbiamo riassunto l’esperienza gastronomica vissuta nel locale.
Questo magnifico progetto appare frutto tanto del cuore quanto della ragione, visto che Trichilo è sì follemente innamorato della sua terra, ma senza dimenticare che il suo lavoro è quello di chef di valore internazionale richiesto ovunque e capace di creare piatti in ogni stile culinario, aspetto che spiega la sua brillante mano tra i fornelli.
Il suo spirito manageriale gli consente di mantenere elevato il rigore di un progetto di ristorazione che rappresenta un baluardo intellettuale contro l’impoverimento della competenza gastronomica e insieme un importante atto di valorizzazione del territorio.
E’ proprio lui a illustrarci il significato e la pratica di questa trattoria, nel video che segue.
Info: Pagina Facebook “Trattoria U Ricriju”