Villa e Collezione Panza del FAI, arte contemporanea nel verde di Varese
In piena fase di ripresa dall’occlusione domestica pandemica, brilla nella grandezza della sua intuizione prodromica Villa Panza a Varese che nella quasi vaticinante visione del fondatore mette insieme estesi ambienti espositivi perfetti per il distanziamento sociale e ampi spazi all’aperto in cui respirare non soltanto l’aria tersa della natura bensì anche quella di una land art quanto mai in armonia con l’ecosistema circostante.
A Giuseppe Panza viene riconosciuto di avere intercettato in anticipo sui tempi la rivoluzione dell’arte contemporanea partita dagli Stati Uniti negli anni ’60 scoprendo diverse firme alla cui fortuna ha contribuito, con il privilegio di essere quindi accolto nel cerchio magico di artisti come Lichtenstein, Rauschenberg, Rothko, come ben raccontato da un video che accoglie i visitatori.
Una sensibilità dello sguardo che Panza ha associato a un buon gusto segnato profondamente da un elegante understatement realmente nobile che lo ha condotto a privilegiare opere in cui l’astrattismo è teso a una misurata ricerca interiore, dove sembrano bandite le esasperazioni squillanti e le provocazioni spettacolari, traducendo i cromatismi in moti dell’anima e riflessioni intangibili, cercando come filo conduttore un dialogo armonico con le architetture domestiche, magniloquenti nelle dimensioni ma di serena compostezza nelle trame formali.
Qui i quadri della corrente di Arte Monocromatica si adagiano sulle pareti come se fossero nati già per quella destinazione…
(opere di Max Cole)
… o danno la sensazione di volersi allocare lungo impensabili e perfino spregiudicate tangenti invisibili…
(opere di Ruth Ann Fredenthal)
… fino ad arrampicarsi sui muri in uno ossimorico movimento cinetico immobile che ipotizza un’azione di fuga non soltanto prospettica.
(opere di Alfonso Fratteggiani Bianchi)
Più che mai oggi è possibile apprezzare il disegno originario del progetto, poiché il FAI, il Fondo Ambiente Italiano che gestisce in maniera brillante tale bene culturale, ha avuto l’illuminata intuizione di ripresentare l’allestimento integrale della collezione permanente “secondo i criteri museografici indicati dal collezionista al momento della sua donazione alla fondazione nel 1996”, arricchendolo delle opere “entrate a far parte di questo patrimonio grazie alla generosità degli artisti che hanno donato i loro lavori”, con lo scopo di offrire “l’opportunità di raccontare e conoscere la casa così come Giuseppe Panza la lasciò”.
Un patrimonio in cui all’arte contemporanea occorre associare anche quella etnica che aggiunge una luce sull’eclettismo degli interessi culturali di Panza.
Il composito reticolo di stanze, scale e interstizi funzionali permette di cogliere il sentimento estetico e spaziale che ha alimentato le acquisizioni di Panza, del quale si ha dimostrazione lampante nella Scuderia Grande in cui è stata riallestita l’ipertrofica opera Desire realizzata nel 1981 da Martin Puryear, la quale “consiste in una grande ruota di legno fissata a un lungo asse che la collega a un sostegno e questa esasperazione delle misure proietta il visitatore in un mondo surreale dove gli oggetti, seppur familiari, sono privati della loro funzionalità ordinaria e diventano simbolo”.
Viene sottolineato anche quanto sia emblematica l’ Ala dei Rustici che “ospita ora una stupefacente galleria di opere d’arte ambientale site specific, quasi un tempio consacrato all’elemento luminoso”, tra le quali “spiccano i lavori di Dan Flavin, di cui la collezione vanta la più grande concentrazione di opere perennemente esposte”.
(Villa e Collezione Panza, Varese – Varese Corridor, Dan Flavin; foto di arenaimmagini.it, 2013 © FAI – Fondo Ambiente Italiano)
Si comprende ancora meglio in questo modo la ragione per cui nella denominazione di questo bene del FAI i termini Villa e Collezione vengono riuniti insieme al nome di Panza, poiché l’edificio e l’allestimento entrano in una tale osmosi concettuale da apparire come unica installazione che induce a un viaggio nel Pensiero creativo e cognitivo del fondatore.
Bisogna quindi rendere onore al FAI di avere associato alla ripartenza post Coronavirus la riapertura di un bene culturale così complesso e sensato, capace di assurgere a sineddoche dei primi vagiti in fieri di un mondo museale in tumultuosa evoluzione in direzione della varietà di istanze visive e motivazionali che sempre più metteranno in collegamento arte e vita reale.
Lo si coglie perfettamente salendo sul colle di Biumo a Varese per raggiungere questa “villa settecentesca che spalanca le finestre su un magnifico giardino all’italiana e ospita una collezione di arte contemporanea americana tra le più conosciute al mondo, oltre a mostre di respiro internazionale”, come si legge nelle note del FAI che l’ha ricevuta in dono da Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo nel 1996.
L’edificio nasce dalla decisione del marchese Paolo Antonio Menafoglio di insediare sulla sommità di questo colle “il luogo ideale per la sua casa di campagna”, ampliata “grazie ai successivi interventi di Luigi Canonica a inizio Ottocento e Piero Portaluppi negli anni ’30 del Novecento”, fino a quando il conte Giuseppe Panza subentrando lo destina dagli anni ’50 a fulcro di “una collezione d’arte del XX secolo, divenuta nel tempo nota in tutto il mondo”, in cui “oltre 150 opere di artisti americani, ispirate ai temi della luce e del colore, convivono in armonia con gli ambienti antichi, gli arredi rinascimentali e le preziose raccolte di arte africana e precolombiana”.
Non meno pregevole il giardino del “secolare parco all’Italiana arricchito da installazioni d’arte ambientale, una suggestiva vista sulla città di Varese e una vasta area verde su più livelli in cui trascorrere il proprio tempo libero all’aria aperta”.
In tutto “33.000 mq di parco arricchito da opere di Land Art”…
… dove però perfino gli arbusti divengono sculture che si specchiano in fontane decorative…
… e le aiuole danno vita a interpunzioni dal linguaggio geometrico…
… mentre i fiori sono disposti con grande cura, senza inutili esagerazioni…
… offrendo effettivamente una magnifica vista sulla città sottostante…
… autentiche rarità botaniche al fianco di alberi monumentali e piante antichissime…
… angoli di raro incanto che proiettano in un’atmosfera bucolica rarefatta…
… in cui la sintonia tra elemento agreste ed espressione artistica è palpabile quanto empatica…
… con la sorprendente discrezione di celare tra fronde e alberi monumentali perfino una perla di una star mondiale come Robert Wilson, celebratissimo talento multiforme che ha lasciato un segno indelebile soprattutto nel teatro d’avanguardia, qui autore di un omaggio intitolato A house for Giuseppe Panza del 2016 in cui un’architettura stilizzata muta in totem di un’ammirata amicizia.
Questa è l’esperienza più ricca e significativa che si possa vivere in Lombardia in tale fase di ripresa del contatto con i beni culturali, soprattutto se si vuole avere la percezione del futuro carico di opportunità ibride e feconde che ci attende.
Info: https://www.fondoambiente.it/luoghi/villa-e-collezione-panza