Villa Puri, vini dalla personalità unica dal Lago di Bolsena nel Lazio
Una storia familiare lunga secoli e ricca di vicende complesse e intriganti basta soltanto in parte a spiegare la straordinaria personalità dei vini di Villa Puri: il resto lo ha fatto il titolare Vittorio che ha totalmente bandito la banalità e l’omologazione dalla sua cantina, dando vita a nettari sorprendenti creati sempre con lavorazioni singolari che richiedono grandi attenzioni, la pazienza di aspettare tempi dilatati ed enorme perizia nel governare tutti i processi naturali che concorrono alla viva trasformazione di un’espressione vitivinicola in pura originalità sensoriale.
Una sapienza agricola che si specchia nelle acque dense di avvenimenti remoti del lago di Bolsena in provincia di Viterbo, in una delle aree più incantevoli del Lazio.
Il sito aziendale della cantina cita subito la figura di Domenico Puro, vissuto a Bolsena per tutta la vita tra il ’400 e il ’500, “prevosto e notaio” che “tra i suoi numerosi possedimenti aveva una vigna in contrada Montarone”, passata poi al nipote Giulio Puro.
Da qui il riferimento all’antica famiglia Puri di Bolsena “presente nella storia fin dal Medioevo; molti argomenti fanno pensare ad origini di catare ossia all’appartenenza ad un gruppo di persone che in campo religioso seguivano ideali di purezza (cataro in greco significa puro) ritenuti eretici della Chiesa di Roma”. Da qui deriverebbe la definizione “i Puri” contenuta in un documento della fine del Quattrocento, sancita da uno stemma nel quale è in evidenza “come emblema identificativo il giglio bianco che simboleggia la purezza e quindi avrebbe facilmente ricordato quel soprannome mentre la posizione eradicata dello stesso giglio potrebbe simboleggiare l’eradicazione di questi Puri dall’eresia”.
Lunga e di alto lignaggio la vicenda della Gens Pura “come vengono definiti i Puri di Bolsena in una poesia che li riguarda, risalente ai primi del Cinquecento”, con relazioni con “importanti famiglie come i Medici ed i Farnese”.
Con un salto temporale nel segno della continuità dinastica, Vittorio Puri “è cresciuto in una famiglia che ha mantenuto le antiche e salde testimonianze legate agli usi e consuetudini rurali: fin dalla più tenera età è stato presente ai lavori stagionali dei campi ed il suo crescente amore per la terra è stato rafforzato dai lunghi racconti dei nonni, specialmente quello materno di pura stirpe maremmana, mentre insieme andavano per campi arati, tra le messi da mietere, nei vigneti ora in germogliamento ora in fase di maturazione e sotto gli ulivi per controllare l’avvenuta allegagione”.
Da qui lo stimolo a ricomporre l’unità fondiaria dopo le divisioni ereditarie susseguitesi nel tempo.
Nel 1987 invece il Vittorio Puri agronomo inizia “l’imbottigliamento di vino da uve provenienti da vigneti impiantati per la prima volta nel 1970 con le varietà classiche dell’Est! Est!! Est!!!”, introducendo “la spremitura soffice delle uve, l’uso dell’acciaio inox per i vasi vinari, la fermentazione a temperatura controllata e la stabilizzazione dei vini a freddo”, arrivando con gli anni alla coltivazione della vite in coltura biologica.
Laddove un tempo “i vigneti erano costituiti da filari con viti maritate all’acero” sorge l’azienda in posizione panoramica “sulle alture prospicenti il lago di Bolsena”.
I prodotti della cantina sono presentati come “vino naturale ottenuto con fermentazione dei mosti in presenza di bucce, ha un aspetto leggermente colorito, con presenza di sapori antichi”.
Il vino identitario è anche l’unico a seguire la classicità assoluta, il Terre de’ Puri, un Est!Est!!Est!!! da “diversi cloni di trebbiano e malvasie unitamente a vecchie varietà locali ed autoctone” che dai “terreni di origine vulcanica ricchi di scheletro e tendenti allo sciolto e ricchi di potassio lentamente assimilabile” traggono una nota sapida sottesa tra un bouquet spiccatamente fruttato come il suo impatto in bocca ricco di polpa bianca ma anche di oli essenziali di mandorla.
Eppure, malgrado il classicismo dell’impostazione, si tratta di una declinazione che riesce a spiazzare comunque i cultori di questa tipologia enoica.
Le altre produzioni trascinano in territori mai scrutati con tutta questa temperie organolettica.
Lunico da uve aromatiche 2004 viene ottenuto “facendo appassire in pianta uve autoctone e aromatiche con conseguente formazione di muffa nobile” e un affinamento in bottiglia di trenta mesi: è così che i profumi di frutta matura vanno a intrecciarsi con sensazioni di pasticceria, mentre al palato un tocco abboccato introduce ananas, albicocca e cedro candito.
L’acidità potente contribuisce a rendere eccitante una beva che induce a sgranare gli occhi per lo stupore.
Le due espressioni dolci sono altre seducenti espressioni da indagare.
Il Merlano è “un vino ottenuto mediante appassimento in pianta di varietà autoctone del territorio”, tra cui risaltano il Cannaiolo e l’Aleatico. L’olfatto è suggestionato da uva passa e idrocarburi, mentre in bocca si avvicendano melagrana, mirtillo, corbezzolo, fino a un tocco di brandy. Si sposa magnificamente con il cioccolato bianco.
La Macchia del Prete che dà il nome a questo vino è una località del Lago di Bolsena dove da sempre viene coltivato il vitigno dell’Aleatico che qui si annuncia con un bouquet di more di rovo per poi tradursi al gusto in una dolcezza setosa senza eccessi zuccherini in cui scorrono eleganti ancora la melagrana ma questa volta con anguria, fichi caramellati e cacao. Mantiene intatta l’aura del vino contadino semplice e sincero, mai stucchevole, colpendo al cuore proprio per questo suo spirito umile.
Nessuno meglio dello stesso Vittorio Puri poteva delinearci questo universo enoico: la sua intervista è nel video seguente.
Info: http://www.villapuri.it/