Da’ Vinattieri, la secolare Arte della gastronomia popolare a Firenze
Era il 1288 quando i vinattieri si separarono da fornai e albergatori per creare una propria autonoma corporazione, ovvero una di quelle associazioni sorte in epoca medievale per disciplinare l’attività di una determinata categoria commerciale o professionale.
Queste corporazioni delle arti e mestieri ebbero un ruolo importante nella crescita della ricchezza e del prestigio di Firenze.
L’Arte dei Vinattieri rientrava nel novero di quelle minori, insieme a gran parte delle attività artigianali, ma era così fiera e florida da dotarsi di un proprio simbolo.
Vari studi infatti ricordano quanto fossero diffusi in città i banchi per la mescita del vino, venduto in fiaschi simili a quelli impagliati che ancora oggi si trovano nelle trattorie fiorentine.
E’ proprio dalla denominazione di questa corporazione che ha preso origine il cognome Vinattieri, molto comune in Toscana e ancor di più a Firenze e dintorni.
In via Santa Margherita 4r a Firenze c’è chi ancora, fin dal nome, prosegue questa tradizione di enogastronomia popolare, viva in città da oltre settecento anni: Da’ Vinattieri.
Oggi come allora, i fiorentini ci vanno per bere un bicchiere di onesto vino sfuso, mentre i turisti attingono alla variegata offerta culinaria che spazia tra piatti caldi e freddi della tradizione.
Ai Vinattieri si fanno vanto di essere uno dei due veri trippai al chiuso della città, ma le ragioni per venire a mangiare qui sono altre.
Innanzi tutto, la schiacciata, da non confondersi con l’omonimo dolce cittadino. Si tratta di una pizza bianca, parente stretta di quella romana e della più semplice delle focacce genovesi. Meno croccante della romana (solitamente più sottile) e meno unta della ligure, la peculiarità di questa schiacciata è nella ricca consistenza dell’impasto, più rustico dei parenti citati.
Tante le farciture proposte, ma se volete davvero cogliere l’essenza di questa piccola grande tradizione fiorentina, ordinate una semplice schiacciata con la finocchiona: come nelle grandi storie d’amore, sembrano nati per stare insieme. Altra variante, riempirla di lardo toscano: da svenire.
La specialità più golosa è però rappresentata dai coccoli, gocce di pasta di pane fritta, sulle cui origini circolano diverse versioni: c’è chi li vuole tradizione prossima alla scomparsa, chi invece aperitivo di certi ristoranti della città, altri ancora un semplice spuntino da panificio. Di certo allora c’è la loro pazzesca bontà e che vanno consumati caldi. Basta avvolgerli con un velo di prosciutto toscano per farti mugugnare di piacere, se poi all’interno sarà stato inserito dello stracchino che nel frattempo si sarà fuso, allora sarà un’esplosione di gusto.
Ma gli attentati alla dieta non sono finiti. Impossibile resistere infatti al richiamo dei panzerotti fritti farciti con tartufo e pecorino: semplicemente da impazzire. Ma non scherzano neanche quelli alla salsiccia che qui definiscono “caramelle”.
Tutto ciò basterebbe a dare grande fascino a questo localino, ma occorre aggiungere la posizione felice (a due passi dal Duomo e dalla casa museo di Dante), l’estrema gentilezza di chi lo gestisce e la particolare apertura sulla strada dalla quale vengono serviti i pasti caldi come trippa, lampredotto, stracotto di guancia, pappa al pomodoro.
Se poi doveste avere la fortuna di capitare in orario di scarsa affluenza, potreste rivivere le atmosfere dei vecchi vinattieri, magari in compagnia di qualche signore ebbro di Chianti della casa.
Tra un cliente e l’altro, i gestori hanno trovato il tempo di illustrarci le loro proposte.