Vini delle Abbazie, selezione di Proposta Vini di nettari paradisiaci prodotti dai monaci
La brillante conferma di una verità storica , il tributo a un millenario lavoro umile e nascosto, ma anche un entusiasmante percorso del gusto carico di sensazioni inedite e brividi arcaici: è riuscita nell’incredibile impresa di volare ancora più alto questa volta il distributore Proposta Vini, puntando letteralmente al cielo con il progetto Vini delle Abbazie capace di unire l’elevazione della spiritualità con il motivato sforzo terreno, individuando queste istanze dialogiche nella nobilissima azione dei monaci che ancora oggi realizzano prodotti vitivinicoli proseguendo una pratica secolare.
Andrebbe scolpita in ogni bottiglia del mondo la verità assodata ma poco ricordata che Proposta Vini ha il coraggio di vergare nella presentazione di tale iniziativa: “se il vino non è scomparso dalle nostre tavole il merito va a quei laboriosi frati che anche per ragioni di rito – il vino assieme al pane è l’eucaristia – dopo la caduta dell’Impero Romano hanno continuato a coltivare la vite”.
Un’opera buona che in certi periodi remoti ha sfidato e perfino violato alcune leggi agricole oscurantiste del potere temporale, contando sulla sola protezione del valore sacro delle mura degli edifici monastici e quindi dalla derivata loro inviolabilità morale e in larga parte anche materiale. All’ombra di quegli imponenti edifici religiosi, nel silenzio salmodiante dell’ora et labora, i monaci hanno salvato una parte consistente della nostra civiltà, comprese le bevande fondamentali del mondo occidentale, la birra e appunto il vino.
Un impegno decisivo che i frati sostengono pure ai nostri tempi, visto che “molte abbazie sono ancora attive, praticano la viticultura e producono vino in proprio, mantengono e trasmettono antichi saperi, conservano varietà d’uva storiche e conoscenze che affondano nel passato”.
Si comprende allora l’enorme importanza intellettuale di tale progetto del distributore Proposta Vini, la cui struttura di ineguagliabile sensibilità alza ulteriormente il proprio già elevatissimo livello di ricerca per offrire qui la sua azione forse maggiormente ambiziosa ma anche più etica, visto che ascende ai territori della spiritualità.
Infatti qui va oltre la metafora la definizione di Vini Paradisiaci, poiché sono effettivamente “prodotti da frati all’interno di antichi Monasteri nei quali, da secoli, si coltiva la vite”.
Il progetto, nato da un’idea di Josef Schuster, collaboratore viennese di Proposta Vini, nasce da profonde e inappuntabili considerazioni storiche.
“Durante il Medioevo”, si spiega nelle note del progetto, “da Carlo Magno in poi, migliaia di Abbazie, sparpagliate in ogni angolo d’Europa, comunicanti tra loro (in latino), diventarono luoghi non solo di meditazione e di preghiera, ma anche di studio e di ricerca”, quindi “a fianco dell’attività amanuense nacquero veri e propri ambiti di ricerca indirizzati al miglioramento delle pratiche agricole, zootecniche e vitivinicole (pensiamo alla figura di Dom Perignon)”.
Le Abbazie diventarono così “il punto di riferimento, di innovazione e di insegnamento per tutte le attività agricole e d’allevamento: dall’innesto alla bonifica, dalla scelta delle sementi alle razze animali, dalle pratiche di concimazione alla costruzione degli straordinari e poderosi muri di terrazzamento, tuttora visibili”.
Dal punto di vista religioso “gli ordini più importanti e numerosi del Cristianesimo cattolico facevano riferimento alla Regola di Cassino: erano Benedettini, Cluniacensi, Cistercensi, Camaldolesi, Trappisti e tanti altri”, mentre “nelle regioni orientali d’Europa i monasteri erano, e sono, ortodossi”.
Proposta vini dalla vasta selezione di Josef Schuster ha attinto a otto realtà monastiche e qualcuna l’ha aggiunta di suo, arrivando a comporre un’offerta di immenso valore emotivo quanto organolettico, poiché rappresenta un viaggio ideale attraverso il Tempo e il Gusto, sospeso tra spirito e corpo.
Un viaggio che può partire dall’abbazia di Admont “fondata dai Benedettini in Stiria nel 1071”, la quale “nel 1130 divenne proprietaria del Maso Jarenina che si trova a 5 chilometri dal confine con l’Austria; da allora venne praticata la viticoltura”, mentre “i monaci estesero la loro attività anche ad altre zone della Slovenia quali Zelezne Dveri, Kapela, Jeruzalem e Maribor”. Attualmente nei 73 ettari di vigneti che coltivano “hanno riscoperto il vitigno Furmint, chiamato Sipon in sloveno, qui presente da oltre mille anni”.
Ne traggono due versioni, la cru Ilovci che affina 16 mesi in botti grandi (tiglio) e un brut metodo classico evoluto 3 anni sui lieviti.
Vitigno a bacca bianca, con queste vinificazioni si esprime in intensi bouquet di frutta esotica, mentre al palato rivela avocado, bergamotto, ananas, con un tocco amaricante di genziana. Particolarmente apprezzabili le bollicine, per la golosa acidità innestata in un sorso così secco da assurgere ad austerità.
Fondata dai Benedettini anche l’abbazia austriaca di Altenburg, questa volta nel 1144, collocata “nella zona più fredda della DOC Weinviertel ricca di boschi” dove “le viti crescono su depositi marini di alghe”.
Un bianco e un rosso come referenze.
Il primo è un Grüner Veltliner che brilla di zagara al naso e incanta la bocca con mandarino, papaya, limone e un pizzico di coriandolo.
Il secondo è un Blauer Zweigelt, vitigno a bacca nera più diffuso in Austria, frutto di un incrocio tra St. Laurent e Blaufränkisch ottenuto nel 1922 da un omonimo studioso del Collegio federale superiore e Ufficio federale della viticoltura e della frutticoltura a Klosterneuburg: in questo caso l’olfatto avverte tutto il corredo del sottobosco ma anche spezie, mentre il gusto riconosce ciliegia, cioccolato bianco e pepe rosa, insieme a una persistente impronta zuccherina.
Ci spostiamo a Losanna in Svizzera dove nel 1141 i Cistercensi di Haut-Cret si trasferirono “su invito dell’arcivescovo e coltivarono le colline ripide intorno al lago”, creando “terrazzamenti ancora oggi in uso”. Nel 1803 il Comune di Losanna “subentra come proprietario e gestisce una vigna di appena 4 ettari chiamata Clos des Abbayes che si trova in un quartiere della città”.
Il vitigno impiegato è lo Chasselas che “matura molto bene su vigne estremamente ripide grazie alla luce del sole che si riflette nel lago”: fiori di zagara irretiscono il naso, mentre la bocca gode di limone, susina gialla, albicocca e una nota di ruta.
Leggero, elegante, seducentemente minerale.
Passaggio in Francia dall’Abbaye de Lérins che “sorge da 16 secoli sull’isola di Saint Honarat al largo della baia di Cannes in Costa Azzurra”, dove “oggi 20 monaci benedettini vivono modestamente e in comunità” secondo la regola di Benedetto. E’ la collocazione geografica e pedologica a rendere l’isola “una terra ricca” anche di vigneti biologici.
Due le referenze.
Il St. Pierre Blanc biologico è un blend di Clairette 60% e Chardonnay 40% contrassegnato da profumi agrumati e sapori che evocano pompelmo, pera e miele.
Il St. Sauveur è un Syrah da vecchie vigne dal bouquet che varia dal pepe dolce alla cannella, mentre il palato riconosce lampone, prugna, rabarbaro e carruba. Dal corpo leggerissimo, dispone di acidità importante che rende ghiotta la beva, mentre nel finale si avverte un pizzico di mineralità.
Sempre dalla Francia Proposta Vini aggiunge Hospices de Colmar, “l’ospizio dello spirito santo” fondato nel 1255 appunto a Colmar, un “vero ospedale dove i monaci curavano pellegrini e persone ammalate”.
In tempi moderni, dal 1937 “i vigneti vengono gestiti dall’azienda vitivinicola del Comune”, il cui lavo è concentrato su Riesling e Gewürztraminer “vinificati in modo tradizionale” per esprimere il terroir dell’Alsazia, quindi generando nettari secchi, aromatici, minerali, intensi, con sentori dall’agrumato alla frutta tropicale.
In Germania approdiamo al monastero di Eberbach “fondato nel Rheingau nel 1136 da Bernardo di Chiaravalle, uno degli abati cistercensi più importanti: la basilica riprende lo stile romanico e semplice di Citeaux, la vigna più vecchia Steinberg risale a quell’epoca”.
Qui la vitivinicoltura è sempre stata importante, tanto che “nel medioevo il monastero divenne il produttore di vino più importante della Germania: trasformando boschi lungo il Reno in vigne, arrivò a 252 ettari di vigneti”. Vino che veniva trasportato lungo il Reno e così “esportato soprattutto verso Europa del Nord”. Curiosità, questo monastero “ospitava anche la botte più grande del mondo che fu però svuotata durante la guerra scatenata dalla riforma protestante”.
Oggi i suoi vini escono con il marchio Kloster Eberbach e la cantina ha sede in Eltville am Rhein.
I vigneti sono principalmente piantati a Riesling che non a caso rappresenta la maggiore referenza della struttura, la quale si presenta tipicamente fruttata fin dai profumi, mentre per i sapori si scende nel dettaglio con albicocca, mela Annurca e un accenno di crosta di pane, tutto all’insegna di una spiccata sapidità.
Altra produzione tipica quella che vede protagonista lo Spätburgunder, il Pinot Nero tedesco che in Germania ha storia secolare, il quale si presenta con percezioni olfattive di muschio e pepe nero dolce brasiliano, portando al palato lampone, ribes rosso, melagrana e karkadè. Succosissimo e ben fruttato, si fa notare per mineralità e acidità.
Deviazione in Ungheria per giungere all’Abbazia di Pannonhalma fondata nel 996 dai Benedettini che rappresenta uno dei più antichi monumenti del Paese ma anche il secondo monastero più grande al mondo, preceduto soltanto dall’Abbazia di Montecassino. Si crede che San Martino di Tours sia nato qui.
La viticoltura in Ungheria è stata introdotta dai Romani, ma i monaci sono ritenuti i primi a produrre qui vino con regolarità e cognizione di causa. Dopo la liberazione dal buio plumbeo della dittatura comunista, i Benedettini si sono rimessi a produrre vino, riattivando nel 2001 i vigneti storici e una cantina lunga 422 metri, fino a gestire oggi 50 ettari di vigne.
Vino simbolo è Hemina Cuvée, assemblaggio di 60% Chardonnay, 25% Pinot Bianco, 10% Viognier e 5% Sauvignon Blanc che riproduce al naso l’ambiente di una passitaia insieme a sentori di frutta matura e un tocco balsamico, traducendosi alla degustazione in prugna gialla, yuzu, bergamotto e melangolo candito. Intensamente minerale, dall’acidità esplosiva e con un carattere fruttato e aromatico, è un grandissimo vino.
Il Pinot Noir a sua volta intriga con gradevoli odori di tabacco e vaniglia, mentre i sapori parlano di ciliegia, mirtillo, confettura di fragola, pepe nero e cioccolato fondente. In evidenza i tannini.
In Spagna ci arriviamo per il Monasterio de Yuso, nel Rioja Alta, dove sono conservate ancora le reliquie di San Millán da cui prende il nome la località. Non siamo lontano dall’Atlantico e l’effetto si sente sulle vecchie vigne di 40-50 anni.
Due i vitigni impiegati, Garnacha e Tempranillo che crescono a 600 metri di altezza, dando vita a due blend, Rioja Crianza e Rioja Reserva. Nel primo la misura è di 85% Tempranillo e 15% Garnacha Tinta che sfocia in un bouquet trionfale di composta di prugna, mentre in bocca zampillano gelso nero, sorbo, pepe e cioccolato fondente. Estremamente tannico, afferma tale caratteristica anche nella Riserva in cui il blend si precisa in 90% Tempranillo e 10% Garnacha Tinta, mentre i mesi a maturare in botte di rovere passano da 12 a 24, portando con sé muscoli, nerbo e spessore materico.
Approdo da brividi al Monastero Panteleimon sul monte Athos in Grecia, dove “i monaci ortodossi producono vino da centinaia di anni”. Oggi i 70 ettari di vigneti vengono gestiti dall’azienda Tsantali in modo biologico. Vanto della cantina, la vigna Methodi Chromitsa esposta a sudest, in cui viene ancora coltivato l’antichissimo vitigno Limnio apprezzato già da Aristotele!
Nel bicchiere ci finisce Agion Oros Mount Athos che al Limnio affianca il Cabernet Sauvignon, facendo sprigionare al naso lo stesso profumo di clorofilla e finocchio del raro tè selvatico dell’Olimpo a base di Sideritis Scardica, la nostra Stregonia, mentre le papille gustative si beano di corbezzolo, prugna, ribes rosso, carruba e barbabietola, rimanendo in sospensione tra spinte amaricanti e zuccherine lenite dall’acidità, creando una beva irresistibile.
Per una panoramica su questo mondo enoico e culturale di immenso fascino, abbiamo intervistato Christian Bauer con la nostra telecamera: possiamo ascoltarlo nel video sottostante.
Info: https://www.propostavini.com/i-nostri-progetti/vini-delle-abbazie/