I vini di Feudi Salentini, regno delle uve autoctone pugliesi
Un vero e proprio regno delle uve autoctone pugliesi, collocato nella spettacolare enclave del Salento e fortificato dal radicamento nella terra e nel sentimento di una regione tra le più vocate al mondo: a reggerne il governo è Feudi Salentini la cui capitale operativa è dal 1994 a Leporano, in provincia di Taranto, “circondata da vigneti, ulivi secolari e un mare cristallino”.
Il termine regno è motivato dal nome stesso dell’azienda che fa riferimento “al periodo del Feudalesimo quando Carrozze e Castelli, Dame e Cavalieri erano i protagonisti del magnifico panorama di questa terra incantata dove il vino era considerato la bevanda più prestigiosa e salutare”.
I reggenti sono Cosimo e Maria Teresa Varvaglione, coadiuvati da un’equipe di giovani collaboratori che “ogni giorno scrivono una storia fatta di qualità e amore per questa terra”, composta da “vitigni coltivati ad alberello, uve raccolte a mano come allora, antichi saperi tramandati nel tempo”, mentre in cantina “antiche tradizioni e moderne tecnologie trasformano uve straordinarie in vini eccellenti”.
Il progetto chiaro della linea di Feudi Salentini nasce “con la volontà di mettere in evidenza le migliori vasche ottenute dai vitigni storici del territorio come il Negroamaro e il Primitivo” con il sostegno dal 2006 del distributore Proposta Vini, mentre oggi “la linea si è arricchita con i vini bianchi e la selezione 125, con cui presentiamo questi grandi vini del sud a gradazione contenuta senza rinunciare alle loro potenti caratteristiche organolettiche”.
L’areale di produzione coincide con il Salento che comprende “le province pugliesi di Taranto, Brindisi e Lecce e rappresenta una terra ricca di sapori, profumi, cultura e tradizioni che, all’unisono, formano una dolce armonia di colori caldi e aromi intensi”.
E’ un territorio “dominato dalla macchia mediterranea in cui il verde intenso dei vigneti e l’imponenza degli ulivi secolari spiccano sullo sfondo di un mare cristallino, mentre sono coccolati dal vento che ne accarezza le fronde”, in cui “le condizioni del terreno e del clima, il sole caldo, il vento e il mare, favoriscono la coltivazione di uve che rendono unici e speciali i vini salentini”.
Il progetto di Feudi Salentini è saldamente basato sul carattere identitario di ciascun vitigno autoctono prodotto, una teoria di uve che va a comporre l’affresco ampelografico di terroir baciati dalla vocazione, collocati dentro un paradiso naturalistico e pedoclimatico.
Pertanto la vita, l’attività e la produzione (ampia) della cantina va organizzata proprio attraverso la scansione dei vitigni.
Si parte dal Primitivo, vitigno a bacca nera che “trova nei terreni argillosi e calcarei della Puglia il territorio ideale dove germogliare e dare frutti”, particolarmente diffuso nella provincia di Taranto “dove il clima è caldo e secco”.
Per le origini “si ritiene sia di provenienza dalmata o croata e che sia stato portato in Puglia dall’antico popolo degli Illiri, più di 2000 anni fa”, mentre il nome deriverebbe dalla “precocità del suo ciclo biologico, dalla fioritura alla maturazione delle uve”.
Qui viene coltivato con il sistema di allevamento tradizionale ad alberello pugliese: l’azienda lo annuncia come un vino che “si presenta di colore rosso rubino scuro molto intenso, al naso è speziato e fruttato, al palato è caldo, morbido, giustamente tannico, di grande struttura e notevole persistenza”.
Feudi Salentini propone ben quattro declinazioni di questa varietà, le cui espressioni organolettiche rispecchiano quanto anticipato dall’azienda, presentando però differenti e significative sfumature.
Il Primitivo di Manduria Sassirossi, grazie a un minore affinamento in legno, si propone con una più spiccata freschezza fruttata in cui svettano i titillanti aromi dei piccoli frutti rossi, innestati da robusta sensazione di carruba.
Primitivo di Manduria Gocce grazie alle barrique ispessisce il nerbo, rende il sorso carnoso e innesta nel corredo sensoriale profonde note di cioccolato fondente, insieme a un finale caldo e avvolgente.
Con il Primitivo Salento Re Sale torna in primo piano un frutto maturo e denso, come da composta di lampone e succo di melagrana, sorprendendo con stuzzicanti note di cardamomo.
Un’autentica chicca il Primitivo di Manduria Dolce Naturale Philia, ancora sconosciuta versione dell’invece già noto vitigno, capace di regalare un’esperienza di degustazione ricca di sorprese che stimolano e accarezzano il palato. L’abboccato è tenue ed equilibrato, mai stucchevole, anzi, talmente ricco di valenze aromatiche da consentirne abbinamenti perfino spiazzanti, quindi non soltanto con la prevedibile pasticceria secca, bensì perfino con la carne rossa, quasi a ricreare certi abbinamenti della cucina scandinava che prevedono largo impiego, anche con la selvaggina, dei mirtilli, presenti come sensazione nel vino insieme a visciole, salvia e noce moscata.
Il Negroamaro è “un vitigno a bacca nera coltivato quasi esclusivamente in Puglia”, mentre per le origini si parla della colonizzazione greca “che ebbe luogo a partire dal XVIII su tutta la penisola, in particolare nel Meridione”. Per il nome si fa riferimento alle sue caratteristiche cromatiche e al retrogusto amarognolo.
Le caratteristiche del vino individuate dalla cantina sono “colore rosso, gran bouquet fruttato, con sentori di piccoli frutti a bacca nera e note di tabacco; al gusto è pieno, rotondo”.
Peculiarità che si stagliano nel Negroamaro del Salento in cui prende spazio la delicatezza di fragoline di bosco e ribes rosso, insieme a una golosa acidità.
Per l’espressione più muscolosa e per certi versi consueta del vitigno c’è invece il Salice Salentino More dall’inconfondibile bouquet di marasca che in bocca, pur esprimendosi acido e fruttato, mette insieme con intensità fragola Candonga caramellata, prugna e ciliegia candita. Conquista con il suo spirito suadente e al tempo stesso stuzzicante.
Irresistibile il Rosato del Salento 125 Leggermente Frizzante che riconduce le sensazioni precedenti a un magnifico fremito sulle papille gustative dove danzano ghiotti mirtillo rosso americano e anguria.
La Malvasia Bianca è presentata come un vitigno che genera un vino “con fragranze di albicocca e residui zuccherini piuttosto alti”, il cui nome come la provenienza potrebbero essere di derivazione bizantina, in particolare dal “sud del Peloponneso, dove si producevano vini dolci che furono portati in Europa dai Veneziani, con il nome di Monemvasia”.
Caratteristiche individuate nel vino sono “colore giallo, sfumature dorate più o meno intense, al naso è fresco e fruttato con note di mandorla, nocciola; al palato è sapido e di buona acidità”.
Aggiungiamo nella Malvasia Bianca del Salento anche zagara al naso e agrumi al palato che rendono il tutto estremamente godibile.
Chiudiamo con il vitigno a bacca bianca Verdeca che adoriamo da sempre, tanto da non spiegarci come non goda ancora di maggiore fama: coltivato principalmente in Puglia, deve il suo nome “alla colorazione verdastra del grappolo, da cui solitamente si ottengono dei vini di color giallo paglierino con evidenti riflessi verdolini”, con sentori “erbacei, frutta esotica e note agrumate”, insieme a “elevatissima freschezza e sapidità”. Probabilmente originario della Grecia, è coltivato in diverse aree della Puglia.
La sua aromaticità è così potente che viene usato per la decisiva marinatura del Capocollo di Martina Franca, altra gloria regionale.
Nella Verdeca del Salento Càla al bouquet di fiori d’arancio segue in bocca un’intensa mineralità che si affianca al dispiegarsi di limone Femminello del Gargano, ananas e alchechengi.
La freschezza zampillante ne esalta l’esplosiva aromaticità.
Per approfondire questo compendio di perle enoiche del Salento, abbiamo chiesto maggiori dettagli a Marzia Varvaglione che ci ha risposto nel video sottostante.
Info: https://feudisalentini.com/
Distribuzione: https://www.propostavini.com/produttori/produttore/feudi-salentini